Non si vedeva una campagna militare così efferata contro la Palestina dalla Nakba del 1948, ma negli ultimi attacchi sulla Striscia di Gaza una serie di fattori denotano un livello di inumanità senza precedenti: allentamento dei protocolli per limitare le morti civili, autorizzazioni a colpire obiettivi non militari, intelligenze artificiali per generare un maggior numero di bersagli, hanno contribuito a rendere l’Operazione “Spada d’acciaio” di Israele, tra i bombardamenti a tappeto più mortali di sempre. In un’indagine condotta da +972, incentrata su interviste a membri dei servizi israeliani, testimonianze palestinesi, documentazioni da Gaza e dichiarazioni ufficiali delle Forze di difesa (Idf) e di altre istituzioni israeliane, dimostrano che i bombardamenti a tappeto contro i cosiddetti “obiettivi di forza” o “matarot otzem” per l’esercito – obiettivi di natura non strettamente militare come residenze private, edifici pubblici, infrastrutture e grattacieli – sono in netto aumento rispetto al passato.
Calcolo cinico
Attaccare questi obiettivi, secondo fonti dell’esercito israeliano, serve soprattutto a creare un «effetto shock» e a indurre la società palestinese a mettere «pressione civile» su Hamas; per questo abbiamo assistito a un numero spropositato di morti tra i civili negli ultimi due mesi. Tsahal sa qual è il numero delle potenziali vittime civili poco prima di lanciare un attacco e, in almeno un caso, i militari hanno approvato l’uccisione di centinaia di civili palestinesi per assassinare un solo alto comandante di Hamas, calcolando queste vittime come “danno collaterale”. «Nulla avviene per caso», ha detto un ex ufficiale, «se una bambina di tre anni muore sotto le macerie, qualcuno ha deciso che fosse necessario per assassinare un’altra persona».
Gli obiettivi dei missili e dell’aviazione israeliana possono essere divisi in quattro categorie: obiettivi tattici, classici obiettivi militari come cellule armate, depositi di armi, lanciamissili, quartier generali, punti d’osservazione; obiettivi sotterranei, principalmente i tunnel costruiti da Hamas sotto le case dei civili; obiettivi di forza, tra cui grattacieli al centro delle città, infrastrutture e edifici pubblici come moschee, università, banche e uffici governativi; e abitazioni operative, dov’è prevista la distruzione di intere zone residenziali per colpire una sola persona sospettata di appartenere ad Hamas o alla Jihad islamica.
Dal 7 ottobre Israele sembra aver posto particolare attenzione sulle ultime due categorie. Nelle prime ore del conflitto, le Idf hanno fatto sapere che su 2.687 obiettivi colpiti, 1.329 erano considerati obiettivi di forza. Per diverse fonti dell’Idf, fino all’attuale conflitto, il protocollo consentiva di colpire gli obiettivi di forza solo in assenza dei residenti e all’orario previsto dell’attacco. Ma diverse testimonianze e video registrati a Gaza dimostrano che dal 7 ottobre molti di essi sono stati attaccati senza preavvisare gli occupanti, uccidendo così intere famiglie.
Distruzione “intelligente”
A contribuire all’incessante aumento nel numero di vittime e ai vasti danni inflitti alle infrastrutture della vita civile a Gaza, è l’utilizzo diffuso di un sistema chiamato “Habsora” (“Vangelo”), basato in gran parte su un’intelligenza artificiale che “genera” obiettivi con molta più velocità rispetto al passato. «Per fare un confronto, se prima l’esercito identificava 50 obiettivi in un anno a Gaza, l’intelligenza artificiale ne produce 100 al giorno, di cui il 50% viene colpito», ha riferito un ex ufficiale dell’Idf al Guardian. Una breve nota pubblicata sul sito dell’Idf, afferma che l’esercito sta utilizzando l’intelligenza artificiale per «produrre obiettivi a ritmo sostenuto attraverso una rapida estrazione automatica dei dati d’intelligence» e diverse fonti vicine all’Idf hanno confermato che negli ultimi anni sistemi come il Gospel hanno contribuito in maniera significativa a stilare le liste dei membri delle organizzazioni terroristiche, fornendo un database di circa 30-40mila militanti.
Il sistema di IA, nelle parole di un altro ex ufficiale dell’intelligence, può essere definito come una «fabbrica per lo sterminio di massa». L’uso crescente di sistemi di intelligenze artificiali come Habsora permette all’esercito di effettuare bombardamenti su edifici residenziali dove vive anche un singolo membro di Hamas, ma su scala massiccia. Questo genere di attacchi si differenzia dal protocollo utilizzato in passato, e come dichiarato dal portavoce dell’Idf Daniel Hagari il 9 ottobre, «l’enfasi dev’essere più sul danno che sull’accuratezza». L’obiettivo per Israele è quello di «uccidere il maggior numero di combattenti possibile», motivo per cui le limitazioni sul numero di vittime civili palestinesi sono state notevolmente allentate. «La sensazione è che l’esercito sia consapevole di aver fallito il 7 ottobre, e vuole restituire al pubblico israeliano un’immagine vittoriosa per salvare la propria reputazione», ha detto un’altra fonte vicina ai servizi citata nell’indagine.
Una nuova Nakba?
La conseguenza di questa strategia è la perdita sconcertante di vite umane a cui stiamo assistendo nella Striscia dal 7 ottobre. Oltre 300 famiglie hanno perso dieci o più familiari durante i bombardamenti degli ultimi due mesi – una cifra 15 volte superiore alla guerra più mortale avvenuta a Gaza nel 2014. Secondo l’Ufficio del Governo per le comunicazioni di Gaza – lo stesso ad aver fornito il bilancio delle vittime da quando il ministero della Salute ha smesso di farlo l’11 novembre a causa del collasso dei servizi sanitari nella Striscia – al momento di entrata in vigore del cessate il fuoco il 23 novembre, Israele aveva ucciso 14mila palestinesi a Gaza; tra questi c’erano circa 6mila bambini e 4mila donne, oltre il 67% delle vittime. I dati forniti dal ministero della Salute e dall’Ufficio per l’informazione – entrambi controllati dal governo di Hamas – non si discostano di molto dalle stime israeliane. Il ministero della Salute di Gaza non ha specificato quanti tra le vittime appartenessero all’ala militare di Hamas o della Jihad islamica, ma l’esercito israeliano sostiene di aver ucciso tra i 1.000 e i 3.000 miliziani palestinesi armati, anche se per i media israeliani molti combattenti sono seppelliti tra le macerie o dentro il sistema di tunnel di Hamas, senza figurare nel conteggio ufficiale.
Come documentato dal centro Al Mezan, ad oggi Israele ha bombardato l’Università di Gaza, l’Ordine degli Avvocati, un edificio scolastico delle Nazioni Unite, un palazzo della società di telecomunicazioni palestinese, il ministero dell’Economia, il ministero della Cultura, strade, e decine di grattacieli e abitazioni – in particolare nei quartieri a nord di Gaza City. Secondo l’Onu 1,7 milioni di palestinesi – gran parte della popolazione della Striscia – sono rimasti sfollati dopo il 7 ottobre e per molti si tratta di un tentativo, parziale o totale, di pulizia etnica. Una “nuova Nakba”.