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    Gaza, vietato l’ingresso ai giornalisti stranieri? Ecco le condizioni poste da Israele alla stampa per entrare nella Striscia

    L'Associazione della stampa estera di Gerusalemme ha definito tale accesso “estremamente limitato e altamente controllato” dalle forze armate dello Stato ebraico

    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 8 Gen. 2024 alle 14:36

    La stampa estera non ha libero accesso a Gaza. Dall’inizio della guerra contro Hamas, l’esercito di Israele ha consentito ad alcuni giornalisti delle testate straniere che ne hanno fatto richiesta di entrare nella Striscia ma solo al seguito delle proprie truppe.

    Tale accesso, secondo la denuncia dell’Associazione della stampa estera (Fpa) di Gerusalemme, è “estremamente limitato e altamente controllato” dalle Israel Defense Forces (Idf). Le condizioni dettate da Tel Aviv ai media per operare nella Striscia sono piuttosto stringenti, come riportato ai microfoni Rai dalla reporter Francesca Mannocchi: “Per ottenere l’accesso alla Striscia di Gaza è necessario, per tutti, sottostare ad un accordo, ad alcune limitazioni e restrizioni”. Ma in Israele non va meglio.

    Tanto che, a fine dicembre, la Fpa ha presentato una petizione alla Corte Suprema israeliana chiedendo l’accesso immediato dei media internazionali alla Striscia di Gaza: “Questo passo arriva dopo che numerose richieste ufficiali all’Ufficio Stampa del governo, all’esercito israeliano e al Ministero della Difesa israeliani non hanno ricevuto alcuna risposta sostanziale”, si legge nel comunicato allegato alla petizione a cui la Corte non ha ancora risposto. “La libertà di stampa è un diritto civile fondamentale in una società democratica. Riteniamo inoltre che sia nell’interesse pubblico avere un quadro più completo delle condizioni all’interno di Gaza dopo 10 settimane di accesso estremamente limitato e altamente controllato”.

    Clausole restrittive
    I cronisti stranieri non possono muoversi da soli all’interno della Striscia né accedere ad aree in cui non siano presenti i soldati israeliani. Inoltre, i mezzi di informazione devono consegnare all’esercito di Tel Aviv per la revisione tutto il materiale, le foto e i filmati prima della pubblicazione.

    È quanto emerge dai video girati da alcune testate internazionali nella Striscia. Il 4 novembre scorso ad esempio, la Cnn ha trasmesso un servizio sulla guerra tra Israele e Hamas diverso da tutti i precedenti: Jeremy Diamond, corrispondente presso la Casa Bianca, si trovava invece a Gaza insieme alle truppe dello Stato ebraico. Prima di mandare in onda il filmato, la conduttrice Becky Anderson avvisò il pubblico: “I giornalisti al seguito delle Idf a Gaza operano sotto l’osservazione dei comandanti israeliani sul campo e non sono autorizzati a muoversi da soli all’interno della Striscia”, disse introducendo il servizio. “Come condizione per entrare a Gaza sotto scorta delle Idf, i mezzi di informazione devono presentare tutto il materiale e i filmati all’esercito israeliano per la revisione prima della pubblicazione”.

    In più, i media non devono rendere riconoscibili i soldati israeliani né rivelarne la posizione e non possono filmare tecnologie militari sensibili. Come riportato il 6 novembre scorso dal conduttore della Nbc, Raf Sanchez: “Nbc News ha potuto accompagnare le forze di difesa israeliane a Gaza a condizione di non utilizzare immagini del personale militare di rango inferiore”, ha detto Sanchez prima di lanciare il servizio dalla Striscia durante il programma Nightly News. “Come condizione per unirci a loro, abbiamo accettato di offuscare alcuni volti e di mostrare alla censura militare israeliana il girato non montato. Ma non abbiamo mostrato loro la versione finale dei servizi”.

    Condizioni ribadite anche dal già citato corrispondente della Cnn Diamond in un podcast dell’emittente statunitense: “Ci hanno chiesto di sfocare le immagini delle mappe, oscurare i volti dei soldati e tutto ciò che potrebbe potenzialmente comprometterne la posizione. Ma queste sono le condizioni tipiche al seguito dei militari in zone di combattimento”.

    Il “caso” Cnn
    L’emittente americana però è finita al centro delle polemiche per come ha gestito la copertura della guerra a Gaza, al di là dei reportage al seguito delle truppe israeliane. Secondo il portale statunitense The Intercept, che cita fonti interne al canale tv, tutti i servizi e gli articoli sul conflitto in corso devono essere approvati dalla redazione di Gerusalemme, che è soggetta alla censura militare in vigore in Israele.

    Espressioni come “Crimine di guerra” e “genocidio”, ha dichiarato al portale americano una fonte interna alla Cnn, “sono parole tabù”. Non solo: “I raid israeliani a Gaza vengono descritti come ‘esplosioni’ e non attribuiti a nessuno finché l’esercito israeliano non interviene per ammettere o negare la propria responsabilità”, ha aggiunto la fonte anonima. “Le citazioni e le informazioni fornite dall’esercito israeliano e dai funzionari governativi tendono ad essere approvate rapidamente, mentre quelle provenienti dai palestinesi tendono ad essere attentamente esaminate ed elaborate lentamente” prima di essere pubblicate.

    Censura di Stato
    Ai media israeliani però non va meglio. A novembre scorso, il censore militare, un’unità d’intelligence delle Idf, ha emanato una direttiva in inglese in cui chiede ai media di “sottoporre alla censura tutto il materiale riguardante le attività delle forze di difesa e sicurezza prima della loro pubblicazione”.

    Il documento, pubblicato anche sul sito-web del governo israeliano, elenca una serie di argomenti tabù per la stampa tra cui figurano: i dati personali degli ostaggi, i dettagli sulle azioni militari, le informazioni di intelligence, i sistemi d’arma, gli attacchi a siti strategici e i cyber-attacchi, le visite ufficiali dei funzionari e ogni indiscrezione sulle riunioni del gabinetto di sicurezza.

    Così, secondo il portale israeliano The 7 Eye, solo nei primi 50 giorni di guerra oltre 6.700 articoli e servizi sono stati parzialmente o completamente censurati nello Stato ebraico. Perché la prima vittima del conflitto è sempre la verità, oltre ai giornalisti (almeno 79) uccisi in tre mesi di invasione israeliana della Striscia.

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