Come ogni anno, nelle isole Faroe, un arcipelago a governo autonomo che fa parte della Danimarca, è ricominciato il Grindadráp, il massacro dei cetatei.
Il 22 maggio 2018, durante il primo giorno di “caccia”, 150 esemplari di balene pilota sono stati brutalmente uccisi sotto gli occhi di centinaia di persone, accorse ad “ammirare” questo macabro “spettacolo”, che viene vissuto dagli abitanti del luogo come un momento di festa tradizionale.
La tradizione del Grindadráp va avanti da secoli: una vera e propria mattanza che va avanti da secoli, con balene e delfini atlantici che vengono crudelmente sgozzati con coltelli e arpioni, in un autentico mare di sangue.
Di solito il Grindadráp si svolge in estate, tra luglio e settembre, quest’anno invece è già iniziata.
Il massacro avviene spaventando i cetacei con le barche, che vengono spinti all’interno di una baia e costretti a spiaggiarsi.
Ad attenderli, centinaia di persone che li infilzano dallo sfiatatoio recidendogli il midollo spinale.
L’organizzazione Sea Shepherd a partire dagli anni Ottanta si batte contro questa pratica inumana, riuscendo a salvare la vita di centinaia di balene pilota e portando l’attenzione globale sui massacri in corso.
Sono 28 i volontari di Sea Shepherd che sono stati arrestati per aver interferito con il Grindadráp.
Secondo le autorità danesi, infatti, questo tipo di caccia sarebbe addirittura sostenibile, visto l’alto numero di cetacei presenti in quei mari.
Sulla pagina Facebook Basta Delfinari, che ha postato le foto dell’ultimo terribile massacro, è stato pubblicato un post dove si legge: “Le Faroe sono una regione autonoma della Danimarca, il governo danese è connivente con la situazione e in passato ha inviato squadre di militari per difendere i cacciatori dagli attivisti e permettere che potessero proseguire la mattanza”.
“Questo”, continua il post, “nonostante la caccia alle balene sia proibita. Ignorando una moratoria internazionale, Faroe, Giappone, Islanda e pochi altri ignorano la normativa e proseguono più o meno indisturbati la caccia”.
“Negli anni, molti attivisti sono stati arrestati per aver agito contro la mattanza; le forze dell’ordine e il governo locali sostengono la “tradizione” e dal 2015, oltre a punire chi cerca di salvare i cetacei, è condannato anche chi avvista un gruppo di animali in mare e non segnalarlo ai cacciatori, in una escalation di follia macabra e esaltata. Fino ad ora, nulla è riuscito a fermarli”.