Il 5 luglio in Grecia si terrà un referendum con cui i cittadini decideranno se accettare o meno le proposte dei creditori internazionali. Il primo ministro greco Alexis Tsipras ha chiesto ai greci di votare No, senza cedere al “ricatto e agli ultimatum”.
Il consiglio di stato greco, la suprema corte amministrativa del Paese, il 3 luglio ha respinto il ricorso contro il referendum, decretando che – nonostante il voti riguardi una questione fiscale – non è anti-costituzionale.
Il Consiglio ha dunque confermato che il referendum si svolgerà regolarmente.
A due giorni dal referendum, ad Atene sono state organizzate due manifestazioni contrapposte: sono scesi in piazza sia i cittadini a favore del Sì – ovvero coloro che vogliono approvare il piano dei creditori – sia quelli del No, che invece hanno raccolto l’invito del primo ministro greco Alexis Tsipras a rifiutarlo.
Alla manifestazione del fronte a favore di Tsipras si sono verificati scontri tra manifestanti e poliziotti, che hanno coinvolto una decina di persone, secondo quanto ha riportato l’agenzia giornalistica Reuters.
Il 3 luglio inoltre il presidente dell’associazione bancaria greca ha detto che le banche della Grecia hanno liquidità solamente fino a un miliardo di euro, che dovrebbero bastare sino a lunedì.
Le banche sono state chiuse il 29 giugno, per evitare la fuga incontrollata di capitali. Solo 800 sportelli nel Paese sono rimasti aperti, per permettere ai pensionati senza bancomat o carta di credito di riscuotere regolarmente la pensione.
La riapertura delle banche è prevista per il 6 luglio. Un banchiere intervistato dal quotidiano britannico The Guardian ha però detto che dubita fortemente che tutto questo sarà possibile.
“Anche se aprissero martedì, le banche non avranno contanti per eseguire transazioni. Ho visto i direttori della Banca Greca in uno stato di panico, perché la nostra liquidità sta sparendo velocemente e senza il piano di salvataggio non possiamo accedere ad alcun fondo di emergenza. Siamo messi malissimo”.
I leader europei hanno ammonito la Grecia, dicendo che votare No al referendum, rifiutando la proposta dei creditori, significherebbe uscire dall’eurozona e non risolverebbe la crisi economica del Paese.
Jerome Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo – il centro di coordinamento europeo che riunisce i ministri dell’Economia e delle Finanze dell’eurozona – ha detto che, indipendentemente dal risultato del voto del referendum di domenica, la Grecia ha intrapreso un “sentiero molto pericoloso”.
In un appello alla nazione trasmesso il primo luglio dalla rete televisiva Ert, il premier greco Alexis Tsipras ha detto che rifiutare le proposte dei creditori internazionali non significa uscire dall’euro e dall’Europa, ma piuttosto ritornare ad avvicinarsi ai valori europei.
Il 30 giugno la Grecia non ha versato la rata del prestito di 1,6 miliardi di euro al Fondo monetario internazionale ed è così diventata il primo Paese insolvente dell’Unione europea.
Tecnicamente il default non è automatico, ma la Grecia si ritrova ora vicinissima al fallimento e – finché il debito non sarà ripagato – non potrà accedere a ulteriori prestiti del Fondo monetario internazionale.
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