Il 4 febbraio 2018 decine di migliaia di greci hanno affollato piazza Syntagma ad Atene per chiedere al governo di non scendere a patti nella disputa con la confinante Macedonia per l’utilizzo del nome.
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Gli slogan “Giù le mani dalla Macedonia” e “La Macedonia è greca” sono stati scritti e gridati dai manifestanti che hanno fatto srotolare da una gru una grande bandiera della Grecia.
Tra loro, nella piazza che si trova davanti al parlamento, c’era anche Mikis Theodorakis, musicista noto per la colonna sonora del film “Zorba il greco” e uno dei simboli della resistenza contro la dittatura dei colonnelli del 1967-1974 e l’ex premier Antonis Samaras, che quando la contesa greco-macedone sull’utilizzo del nome è cominciata era ministro degli esteri.
Il popolo greco stavolta non si è riunito per protestare contro il debito pubblico nei confronti dei creditori stranieri o contro le pesanti misure economiche imposte del governo per tentare di uscire da una crisi che sembra non avere risoluzione.
I cittadini, infatti stanno protestando per difendere un nome che rappresenta il simbolo dell’eredità lasciata da Alessandro Magno, in una regione, quella dei Balcani, che dai tempi della guerra nella ex Jugoslavia non sembra riuscire a trovare pace e stabilità.
I greci non accettano che i confinanti utilizzino il nome “Macedonia”, lo stesso di una regione nel nord della Grecia.
Questo viene visto come una provocazione e un tentativo da parte di Skopje di rivendicare un territorio e una eredità storica nei confronti della regione greca.
I numeri della partecipazione, come spesso accade in questi casi, sono discordanti.
Secondo i media greci sono giunti ad Atene circa 2mila e cinquecento autobus dal continente e due navi dall’isola di Creta piene di manifestanti.
Gli organizzatori hanno stimato che hanno preso parte alle proteste 1,5 milioni di persone, mentre per la polizia la cifra si aggira intorno ai 140mila.
La questione risale al 1991, anno in cui il governo di Skopje dichiarò l’indipendenza dalla Jugoslavia.
Nel 1993, a causa delle rimostranze della Grecia, la Macedonia è entrata a far parte delle Nazioni unite con il nome Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia (Fyrom).
Ma per poter diventare membro della Nato e dell’Unione europea è necessario che la situazione si sblocchi.
Negli ultimi tempi sono state avanzate delle proposte dal mediatore Onu Matthew Nimetz, che consistono nell’utilizzo di nomi alternativi, come “Republika Nova Makedonija” e “Republic of New Macedonia”.
Il malcontento di molti greci è cominciato a montare alla notizia che il governo guidato da Alexis Tsipras sta pensando di accettare per il paese confinante un nome composto che, sebbene stabilisca una chiara distinzione dalla regione greca, contenga anche la parola “Macedonia”.
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“La Macedonia era, è e sarà per sempre greca”, le parole del musicista Theodorakis, 92 anni, davanti alla folla.
“Se il governo ritiene di dovere firmare per conto del nostro paese non c’è dubbio che debba prima chiedere al popolo greco”, ha aggiunto proponendo l’istituzione di un referendum, e definendo poi “illegittimo” il paese vicino.
Quella del 4 febbraio è la seconda protesta sulla questione nelle ultime due settimane, dopo quella del 21 gennaio, quando migliaia di persone avevano manifestato a Salonicco, capoluogo della Macedonia greca.
La questione sta anche prendendo dei risvolti politici, con il governo di sinistra che accusa la destra radicale e il partito neonazista Alba dorata di speculare sulla vicenda.
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