Giovedì 22 febbraio la Waymo, azienda di automobili senza pilota di proprietà della Alphabet, la holding di Google, ha accusato la compagnia di trasporto automobilistico Uber di aver compiuto un “furto calcolato” della propria tecnologia di guida.
Le accuse sono pesantissime: un ex dipendente della Waymo, Anthony Levandowski, avrebbe sottratto importanti segreti tecnologici dall’azienda prima di fondare la propria compagnia, Otto, poi acquisita da Uber in agosto.
Il pomo della discordia è il sistema LiDAR, quello che consente ai veicoli di muoversi nel traffico e tra i pedoni. Lo sviluppo di questo sistema è costato alla Waymo oltre sette anni di lavoro e ingenti investimenti, e secondo le accuse i recenti progressi di Uber non sarebbero altro che il risultato del furto perpetrato ai danni dell’azienda che fa capo a Google.
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Tra i 10 giga di dati sottratti da Levandowski vi sarebbero infatti anche elementi chiave dei progetti del sistema LiDAR. L’ex dipendente avrebbe inoltre incontrato i vertici di Uber quando ancora lavorava per la Waymo.
La risposta di Uber non si è fatta attendere: un portavoce ha dichiarato che le accuse saranno prese seriamente e la questione verrà approfondita con attenzione. La durezza dell’attacco di Waymo lascerebbe comunque presagire la presenza di prove concrete.
In ogni caso, un’eventuale condanna potrebbe rappresentare per Uber un danno inferiore rispetto al guadagno conseguito grazie al presunto furto, stando a quanto dichiarato da alcuni esperti. Quella della causa della Waymo è solo l’ultima di una lunga serie di brutte notizie per Uber, già travolta dallo scandalo riguardante molestie e discriminazioni sessuali in azienda, per il quale è stata istituita una commissione interna ad hoc per indagare.
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