Gabriele Del Grande, il giornalista italiano fermato in Turchia durante un controllo dalle autorità al confine con la Siria e trattenuto da alcuni giorni in un centro di detenzione amministrativa, è riuscito a chiamare in Italia dal telefono del centro in cui è rinchiuso e ha assicurato di stare bene. Lo riporta l’agenzia di stampa Ansa.
— Questa notizia puoi leggerla direttamente sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come
“Sto bene, non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare, hanno sequestrato il mio cellulare e le mie cose, sebbene non mi venga contestato nessun reato”, ha detto parlando con la compagna e con alcuni amici telefonicamente.
Del Grande ha sottolineato di essere circondato da quattro poliziotti e ha annunciato che “da stasera” darà “inizio a uno sciopero della fame”. “Invito tutti a mobilitarsi per chiedere che vengano rispettati i miei diritti”, ha detto ancora.
“I miei documenti sono in regola, ma non mi è permesso nominare un avvocato, né mi è dato sapere quando finirà questo fermo”. Secondo il giornalista italiano, la ragione del fermo è “legata al contenuto del lavoro”, sul quale ha “subito interrogatori”. Del Grande ha sottolineato di aver potuto effettuare una chiamata solo “dopo giorni di protesta”.
“Non mi è stato detto che le autorità italiane volevano mettersi in contatto con me”, ha aggiunto Del Grande nella telefonata avvenuta intorno alle 14.30.
Come confermato dalla compagna e dai suoi amici si tratta della “prima telefonata da domenica 9 aprile”, quando è avvenuto il fermo. Il giornalista si trovava in Turchia dal 7 aprile.
“Mi hanno fermato al confine, e dopo avermi tenuto nel centro di identificazione e di espulsione di Hatay, sono stato trasferito a Mugla, sempre in un centro di identificazione ed espulsione, in isolamento”, ha raccontato ancora Del Grande.
— LEGGI ANCHE: Il documentarista Gabriele Del Grande è ancora bloccato in Turchia dopo il fermo
— Non restare fuori dal mondo. Iscriviti qui alla newsletter di TPI e ricevi ogni sera i fatti essenziali della giornata
Leggi l'articolo originale su TPI.it