Coronavirus: in Giappone, Corea e Australia ci sono pochi contagi
Mentre l’Italia, ma anche il resto d’Europa, e gli Usa sono alle prese con una curva dei contagi in continua risalita, ci sono luoghi in cui la pandemia di Covid 19 è stata quasi del tutto domata. Parliamo del Giappone, della Corea del Sud e dell’Australia, dove i contagi ad oggi sono al minimo. In questi Paesi, infatti, l’incremento quotidiano dei nuovi infetti si conta nell’ordine di poche centinaia se non qualche decina.
Ma come è possibile? Come sono riusciti a contenere i contagi? Attraverso misure ben note anche dalle nostre parti, come l’uso delle mascherine, il distanziamento sociale e le chiusure quando necessarie, ma anche grazie al sapiente utilizzo delle nuove tecnologie di tracciamento. In Italia, invece, come abbiamo spiegato in questo articolo, il tracciamento dei positivi attraverso Immuni si è inceppato: l’app è stata scaricata da 9 milioni di persone e ha registrato appena 900 positivi.
Analizzando i dati consultabili sul sito dell’Oms, risulta che il Giappone, per esempio, due giorni fa contava appena 699 nuovi contagi (circa un quinto di quelli registrati l’altro ieri nella sola Lombardia). Esempio virtuoso è anche la Corea del Sud dove lo stesso indicatore scende a 61, in Thailandia e Australia addirittura a 5. Eppure l’Asia non è affatto esente dai contagi: paesi come India, Bangladesh, Malaysia, Indonesia sono in affanno tanto quanto l’Europa. E allora capiamo meglio perché giapponesi, sud coreani e australiani sono riusciti a frenare i contagi.
In Giappone, come è noto, le persone indossano da sempre la mascherina anche soltanto per proteggersi da un raffreddore stagionale ma soprattutto ancora prima che dilagasse la pandemia. Una buona abitudine che ha portato senz’altro dei vantaggi nel contenimento dei contagi. Ma come riporta il Corriere della Sera, Yosutoshi Nushimura, ministro giapponese incaricato della lotta al Covid, spiega anche una diversa strategia. “L’intuizione fondamentale che ci ha aiutati è la nozione di cluster di trasmissione“. Vale a dire: pochi gruppi determinano una altissima contagiosità e dunque è necessario intervenire su quelli in maniera “chirurgica” e tempestiva, isolandoli. Un criterio di mappatura e di incrocio dei dati che ha comportato un ampio impiego di nuove tecnologie“.
In Corea del Sud la chiave è stata la digitalizzazione e l’uso di big data. Il governo di Seul ha iniziato una raccolta “a strascico” di dati utili al tracciamento, sia attraverso la app scaricata sui telefoni dei cittadini e sia attraverso le informazioni rilevate da carte di credito o dalle videocamere di sorveglianza.
In Australia sono stati bravi a contenere i contagi grazie a un ferreo lockdown di 112 giorni applicato alla sola regione di Melbourne che ha contato il 90 per cento dei morti dell’intero Paese. I risultati sono i soli 5 contagi di ieri.
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