«Se mi vedi, allora piangi»: così recita l’iscrizione incisa in tedesco su una pietra riemersa dalla secca del fiume Elba nelle ultime settimane, poco oltre il confine tra Germania e Repubblica Ceca. Accanto c’è una data: 1616. Si tratta di una delle tante “Hungersteine” – letteralmente “pietre della fame” – riemerse in queste settimane nei grandi bacini tedeschi che portano incise le date delle grandi annate di siccità, preludio di carestia. Vicino a Worms, sul Reno, è riapparsa una pietra con la scritta «anno della fame 1947». Da sempre la siccità si accompagna alla carestia. Nessuna novità. L’ultimo evento del genere in Germania è stato nel 2018, appena 4 anni fa, ed è ancora presto per tracciare un bilancio e un confronto con l’estate 2022. Quello che invece si può dire è che un evento da sempre conosciuto si inscrive oggi in un fenomeno più ampio, che va sotto il nome di cambiamento climatico, che a sua volta viene a coincidere con una crisi energetica senza precedenti in Germania. Una collisione di due crisi che pone una domanda: adattarsi al cambiamento o cercare di mitigarlo?
Facciamo un passo indietro. Quanto è importante il Reno per l’economia tedesca? Il bacino assorbe circa l’80 per cento del trasporto fluviale interno alla Germania. Anche perché è la via di comunicazione privilegiata dai porti di Amsterdam, Rotterdam, Anversa in direzione dell’Europa centrale, Svizzera compresa. Cereali, prodotti chimici, terra, minerali, carbone e prodotti derivati dal petrolio: tutto passa dalle chiatte di trasporto merci del Reno. O meglio passava. Perché da settimane l’acqua bassa ha ristretto il bacino navigabile e rallentato i trasporti. E questo ha messo l’industria in allarme.
Il gigante della chimica Basf che ha la sua base nel porto di Ludwigshafen in Renania Palatinato, di solito trasporta il 40 per cento delle sue materie prime tramite il Reno. «La navigazione interna è la modalità di trasporto più importante per la nostra industria», ha detto di recente un manager di Basf. Il rischio che una difficoltà logistica data dall’acqua bassa porti a un taglio della produzione è alto.
Negli oltre 860 chilometri attraverso la Germania il Reno ha raggiunto livelli diversi in quest’estate di siccità. In numerose località gli idrometri hanno superato addirittura il minimo storico di scarsità d’acqua registrato durante la siccità del 2018. Per esempio a Emmerich, vicino al confine olandese, l’idrometro ha segnato la profondità di 0,0 cm. Ma anche in stazioni importanti come Kaub, vicino a Coblenza, l’idrometro ha segnato 32 cm, un livello particolarmente basso, tornando intorno al metro solo a fine agosto. La profondità del canale di navigazione è decisiva per stabilire quale peso è in grado di caricare una chiatta.
«Normalmente, una nave da carico può trasportare fino a 4.000 tonnellate», ha spiegato Martin Staats, presidente dell’Associazione per la navigazione interna, in una recente intervista al settimanale tedesco Die Zeit. «Attualmente le navi trasportano solo un quarto del carico» per via della ridotta profondità dell’acqua, quindi «c’è bisogno di tre – quattro navi per trasportare le normali quantità di frumento, agenti chimici o minerali».
A metà agosto anche l’associazione delle industrie tedesche (Bdi) ha lanciato l’allarme: «Il perdurante periodo secco e l’acqua bassa minacciano la sicurezza dell’approvvigionamento dell’industria», ha dichiarato Holger Loesch, vice direttore generale della Confindustria tedesca. «Le aziende si stanno preparando al peggio. La già tesa situazione economica si aggrava» ed «è solo questione di tempo prima che gli impianti dell’industria chimica o siderurgica vengano chiusi, che gli oli minerali e i materiali da costruzione non arrivino a destinazione o che i trasporti pesanti e di grande volume non possano più essere effettuati».
Il timore è che la siccità inasprisca l’emergenza legata all’approvvigionamento energetico, con la conseguenza di ulteriori strozzature nelle catene di valore, tagli alla produzione e cassa integrazione. Per ora il peggio è scongiurato ma è presto per gridare vittoria: «Un cessato allarme totale per i fiumi tedeschi non può essere dato ancora», ha detto il numero uno dell’Autorità tedesca delle vie fluviali, Hans-Heinrich Witte in una recente intervista al Neue Zuercher Zeitung. «A Kaub, la più importante strozzatura per la navigazione sul Reno, il livello dell’acqua ora è di circa 1 metro contro i 32 centimetri della scorsa settimana. E questo ha sicuramente alleggerito la situazione», ha sottolineato Witte. «Tuttavia quest’anno l’acqua bassa è iniziata con un buon mese di anticipo rispetto al 2018, quando il livello più basso dell’acqua è stato raggiunto a ottobre. Di solito sono ottobre e novembre i mesi con l’acqua più bassa. Quindi dobbiamo aspettare e vedere come si evolve la situazione».
Intanto qualcuno cerca di fare i primi conti. Quanto costa la siccità del Reno? La ridotta capacità del fiume e la necessità di trasportare in tre o quattro chiatte quello che prima si caricava in una soltanto pesa parecchio alle tasche dell’industria. «I prezzi per il trasporto delle merci sono chiaramente aumentati», ha fatto sapere l’Associazione tedesca delle industrie e delle camere di commercio (Dihk). C’è chi parla di un costo quintuplicato dall’inizio dell’estate.
E se a luglio l’ufficio federale di Statistica Destatis ha registrato un aumento dei costi alla produzione di un più 5,3 per cento rispetto a giugno, molto oltre le aspettative, è lecito immaginare che i prezzi alla fabbrica da agosto a settembre saliranno ancora. La banca Barclays prevede che il tutto provocherà un calo dell’1 per cento sulla produzione industriale del terzo trimestre e un -0,2 per cento annuo.
Ma per avere un’idea del peso dell’economia del Reno sul Pil basta pensare che l’ultima siccità del 2018 è costata 0,4 punti percentuali in meno sul Pil annuale. «Cosa succede all’economia tedesca se il Reno in secca causerà un aggravarsi delle strozzature delle forniture o se il gas non dovesse più arrivare?», hanno chiesto due giornalisti del Rheinische Post al presidente della Bundesbank, la banca centrale tedesca. «Se si verificassero ulteriori problemi di approvvigionamento, magari a causa della scarsità d’acqua, le prospettive economiche nella seconda metà dell’anno peggiorerebbero ancora. Se la crisi energetica si aggrava, sembra probabile una recessione il prossimo inverno», ha risposto il presidente Joachim Nagel.
Per trasportare il carico di una chiatta piena «servirebbero 150 tir», ha spiegato il presidente dell’Associazione per la navigazione interna Martin Staats. «E per far questo mancano anche i turni degli autisti». Le ferrovie invece «sono talmente limitate dall’incredibile numero di cantieri e dalla mancanza di personale che semplicemente non possono assorbire i volumi di merci trasportati via nave». Naturalmente, un tentativo lo si è fatto. Si è provato a chiedere ai trasportatori di merci su rotaia di compensare gli ostacoli nella logistica dovuti all’acqua bassa nel Reno. Le risposte però non sono state rassicuranti. «La nostra quota di carico è già eccezionalmente alta», ha riferito un portavoce della più grande società di logistica su rotaia, la Vtg di Amburgo. Insomma, posto libero non ce n’è.
Nemmeno recuperando i vecchi vagoni merci, quelli che fanno tanto rumore e che per questo erano stati messi fuori servizio. In una recente intervista il coordinatore della logistica del governo federale, il liberale Oliver Luksic, ha chiesto «di utilizzare anche quei vagoni merci che non soddisfano più gli attuali standard di protezione dal rumore», pur di garantire un approvvigionamento energetico stabile. Ma la risposta è stata secca: «Da tempo abbiamo adeguato tutti i nostri vagoni da trasporto ai più recenti standard di legge», ha fatto sapere la Vtg. Per rassicurare l’industria, a metà agosto, nel culmine della crisi idrica del Reno, dal ministero dei Trasporti era arrivata notizia di un’ordinanza per privilegiare il transito merci al trasporto passeggeri nelle ferrovie tedesche. Un trasporto merci, senza vagoni merci in più: un classico caso di “conti senza l’oste”? La conclusione di Staats è poco rassicurante: «Nel complesso la logistica si trova ad affrontare una situazione incredibilmente difficile: in autunno si profilano veri e propri colli di bottiglia».
Intanto la politica tenta, è il caso di dirlo, altre strade. A fine agosto il ministro dei Trasporti, il liberale Volker Wissing, ha incontrato i vertici dell’industria e delle autorità competenti a Magonza per istituire una “commissione di accelerazione” che unisca le forze in campo ed elimini le strozzature nel corso d’acqua più influente d’Europa. Per ora un crono-programma su cosa fare e come farlo manca, ma l’idea è di garantire con un lavoro di scavo un invaso di un’altezza costante tra il metro e novanta e i due metri e dieci, sopratutto nella zona nei pressi di Kaub. L’obiettivo è evitare che fenomeni come la siccità possano ostacolare il passaggio delle chiatte riempite al massimo del loro carico.
Ma cosa pensano gli ambientalisti della siccità nel Reno? «La proposta del mondo economico di scavare il Reno per migliorare la navigazione la ritengo sbagliata e a breve termine», ha spiegato per telefono a TPI l’eurodeputata dei Verdi tedeschi, Jutta Paulus. «Se si scava più a fondo non si ha più acqua, alla fine, ma meno», perché “maggiore è il dislivello dell’invaso, maggiore è la velocità con cui defluisce il corso d’acqua e alla fine il fiume viene danneggiato ancora di più, perché l’acqua scorre via velocemente». Inoltre «il suolo si erode, il livello delle acque sotterranee si abbassa e in generale si danneggia l’intero ecosistema», ha aggiunto la deputata dei Verdi. È quanto accaduto di recente sull’Oder, a seguito di un contratto – “infelice” – del 2015 tra Germania e Polonia. I lavori sul versante polacco hanno peggiorato drasticamente l’ecosistema fluviale nel suo complesso, che ora è anche afflitto dalla recente moria di pesci, come ha sottolineato Paulus. «Ho visitato di recente il fiume e il direttore del parco naturale della Valle dell’Oder mi ha mostrato le foto di come era il paesaggio nella parte tedesca prima e dopo i lavori di scavo. Adesso c’è visibilmente meno acqua nei prati dell’Oder da entrambi i lati, perché naturalmente si è abbassato il livello delle acque sotterranee».
Cosa fare allora? «Bisogna lasciare più acqua nell’ambiente ed evitare la continua edificazione del paesaggio fluviale», ha rimarcato Paulus, ma soprattutto «abituarsi a pensare a lungo termine». «Il 60 per cento dell’acqua del Reno in estate viene dai ghiacciai delle Alpi e questi negli ultimi ottant’anni si sono ritirati di oltre il 50 per cento. Quindi è possibile immaginare che in futuro in estate probabilmente le grandi chiatte non potranno più navigare e per questo le imprese dovrebbero cominciare ad attrezzarsi subito», ha proseguito la deputata. «Il mondo economico dovrebbe pensare meglio a come mantenere il trasporto attivo anche con livelli più bassi di acqua, per esempio con nuove navi capaci di navigare in acque meno profonde in modo da consentire la navigazione delle acque interne sul lungo periodo e non solo nel breve».
Torna il dilemma: adattarsi al cambiamento o mitigarlo? «Adattamento climatico e protezione del clima devono andare mano nella mano, non possiamo dire: facciamo la prima cosa e non la seconda. Bisogna fare entrambe allo stesso tempo, questa è la sfida», ha concluso Paulus.Secondo il meteorologo della tv pubblica tedesca Ard, Sven Ploeger, il concetto di «Siccità del secolo» usato per descrivere il fenomeno dell’estate 2022 è pericoloso perché nasconde dietro parole note un fenomeno relativamente nuovo. L’estensione e la frequenza delle siccità sono un effetto caratteristico della crisi climatica. «Se non portiamo avanti la protezione del clima, alla fine del secolo potremmo ritrovarci con una siccità nel centro dell’Europa che potrebbe durare dieci anni», ha dichiarato in un talk show televisivo. «Il mio più grande desiderio sarebbe che smettessimo di abbellire il mondo», a nostro piacere, è il messaggio.