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    Bsw, il partito anti-élites che sconvolge la politica tedesca: “Gli elettori ci votano perché parliamo dei loro problemi”

    Nati 9 mesi fa da una costola della Die Linke, hanno già raccolto risultati importanti nei land. Si battono per la giustizia sociale, ma sono rigidi sull’immigrazione. Intervista alla vicepresidente Friederike Benda: "Non chiamateci rosso-bruni"

    Di Giulia Cerino
    Pubblicato il 4 Ott. 2024 alle 16:10 Aggiornato il 17 Ott. 2024 alle 13:45

    Sulla carta si presentano come un partito di sinistra, anche estrema, specialmente sui temi economici. Nel programma elettorale, però, c’è una buona dose di retorica anti-immigrati che ricorda quella dei partiti di destra. Ecco perché la stampa liberale li ha ribattezzati «i rosso-bruni», una definizione che a loro non piace. 

    Per gli analisti politici tedeschi siamo di fronte – per la prima volta dalla seconda guerra mondiale in Germania – a un fenomeno eccezionale: un nuovo attore politico cresciuto più rapidamente del partito di estrema destra Afd e che oggi rischia di rimodellare gli equilibri di potere tradizionali della politica tedesca e anche dell’Europa. Si chiama Bsw, che per esteso è Bündnis Sahra Wagenknecht Für Vernunft und Gerechtigkeit: “Alleanza Sahra Wagenknecht per la ragione e la giustizia”, dove con Sahra Wagenknecht ci si riferisce alla loro leader indiscussa. 

    Nato l’8 gennaio del 2024 da una costola del partito di sinistra Die Linke, nonostante la giovane vita questa nuova forza politica ha già collezionato alcuni risultati inaspettati. L’ultimo in ordine cronologico alla fine di settembre in Brandeburgo, feudo storicamente socialdemocratico, dove Bsw è arrivato terzo con il 13,5% dei voti, sopra ai cristianodemocratici della Cdu (un tempo ago della bilancia) e dietro ai socialisti dell’Spd del cancelliere Olaf Scholz. Ma qualche settimana prima c’era già stato un altro successo: in Sassonia e in Turingia, dove la formazione ha sfondato insieme al partito di estrema destra Afd.

    Friederike Benda è la vicepresidente di Bsw. Classe 1987 e capelli lunghi biondi, sotto ai suoi occhiali da vista tondi ha uno sguardo altero e risoluto.
    Benda, vi hanno sottovalutati?
    «Sicuramente nessuno si sarebbe mai aspettato che saremmo cresciuti in percentuale più rapidamente di qualsiasi altro partito e nemmeno che saremmo andati bene proprio nei territori insofferenti ai partiti di governo, dove ci si aspettava un boom solo di Afd. Alle elezioni statali in Sassonia abbiamo preso il 12% dei voti e il 16% in Turingia. Ciò è avvenuto perché stiamo riempiendo un vuoto nel panorama politico tedesco ma soprattutto perché ci occupiamo di temi semplici che riguardano la maggioranza della popolazione e non di ciò che interessa solo l’intellighenzia e le élites». 

    Quali sono i punti centrali del vostro programma elettorale?
    «Ciò che ci interessa ha a che fare con il potere d’acquisto dei tedeschi e con la loro capacità di guadagnarsi la pagnotta (Benda usa l’espressione inglese “bread and butter”, ndr). L’obiettivo è che ci sia giustizia sociale e che le politiche economiche sostengano quella fascia di popolazione che fatica a sopravvivere. Poi ovviamente ci battiamo con tutti noi stessi contro la guerra e per la pace». 

    Qual è la posizione di Bsw sulla guerra in Ucraina?
    «Lo specifico subito: per ciò che ci riguarda, servono dei negoziati di pace immediati e vogliamo che sia la diplomazia a lavorare. Inoltre ci opponiamo all’invio di altre armi in Ucraina, cosa che invece il nostro governo ha fatto per mesi, e siamo contrarissimi al fatto che che si usino armi occidentali in Russia. Questo è d’ altra parte anche il sentimento della maggioranza dei tedeschi e ritengo sia questo il motivo per il quale molti abbiano deciso di votarci. Infatti, sebbene sia stata la Russia ad invadere l’Ucraina violando le leggi internazionali, ritengo che da allora l’Occidente abbia fatto di tutto per espandere e fomentare questa guerra». 

    Le piace la composizione della nuova Commissione europea?
    (Ride a gran voce). «Onestamente non ho ancora avuto tempo di studiare bene i profili dei commissari, ma mi pare che non ci siano stati dei passi significativi verso un cambiamento. Ma d’altra parte cos’altro ci potevamo aspettare dalla signora Von der Leyen?». 

    I liberali vi definisco un partito rosso-bruno. Di sinistra ma populista e conservatore. Le piace questa definizione?
    «No. “Rossobruno” non mi piace anche perché non vuol dire nulla. “Conservatori di sinistra” invece sì, sono d’accordo. Che sia chiaro però: il nostro partito non ha niente a che fare né con la sinistra né con la destra tradizionale ma coi bisogni specifici dei tedeschi che soffrono e che in alcuni casi non riescono più a pagare le bollette. Ecco perché dico che il nostro partito non è né di destra né di sinistra, piuttosto si posiziona politicamente perché ha un unico obiettivo: rimettere al centro le famiglie tedesche». 

    Quindi non siete di sinistra, non siete di destra ma tutte e due le cose?
    «Senta, lo sa qual è il problema? Ragionare in questo modo è ormai desueto perché nel tempo c’è stata una deviazione e queste due categorie significano tutto e niente. Noi ad esempio possiamo definirci di sinistra in economia perché ci battiamo per la giustizia sociale, il salario minimo, le pensioni e per una tassa patrimoniale, ma in generale ciò che ci caratterizza è il fatto che rappresentiamo l’alternativa alle élites, ai partiti al governo in questo momento e ai conservatori al potere. Inoltre la mia sinistra non è quella della Die Linke o dell’Spd perché siamo molto lontani da chi non fa altro che occuparsi di temi marginali come le teorie gender che non interessano alla maggioranza del Paese e che non devono monopolizzare il dibattito pubblico perché non rappresentano la nostra priorità». 

    E col partito di estrema destra tedesco Afd invece, cosa avete in comune?
    «Forse il fatto che anche loro parlano dei problemi veri. Però questa è l’unica cosa che ci accomuna». 

    Sull’immigrazione tuttavia la narrativa è simile, o sbaglio?
    «Il punto è: non dobbiamo più lasciare che siano i criminali a scegliere chi può entrare in Europa. Il nostro partito sostiene le politiche di asilo dell’Unione europea e siamo convinti che ogni Paese debba accogliere gli immigrati in base alla proprie capacità. Ma, al contrario dei partiti tradizionali, crediamo che, se davvero vogliamo che vi sia integrazione, non si possa prescindere ad esempio dal fattore della lingua d’origine. Inoltre, bisogna iniziare a dire chiaramente che, come in altri Paesi, anche in Germania arrivano non i rifugiati ma soprattutto i migranti economici per i quali da noi ci sono poche possibilità. Infine, diciamocelo, sono proprio i Paesi occidentali che con le loro politiche e azioni hanno provocato le migrazioni attuali. Quindi è molto semplice: bisogna smettere di pensare che lasciando che vi sia immigrazione incontrollata si risolva il problema della fame nel mondo, dei conflitti e delle guerre. È l’esatto contrario: non possiamo salvare tutti e tutto; i problemi vanno affrontati all’origine». 

    In Brandeburgo si lavora per costruire la “Coalizione Magenta” (il colore risulta dal rosso della Spd, del nero della Cdu e del viola del Bsw). Oggi siete voi l’ago della bilancia, non più la Cdu. Entrerete in coalizione coi partiti tradizionali?
    «Per ora siamo ai colloqui esplorativi ma senza dubbio molto dipenderà da quanto spazio avranno le nostre istanze e se verranno accolte dai partiti tradizionali». 

    Che tipo di Europa vorreste?
    «Questa è una bella domanda. Per noi l’Europa dovrebbe avere un solo motto: “less is more”, meno è meglio. Quindi la politica comune dovrebbe concentrarsi solo lì dove è veramente necessaria: contro il dumping fiscale, contro i monopoli e i colossi tecnologi che sfruttano risorse e capitali. Soprattutto dovrebbe portare avanti con forza un proprio punto di vista europeo sostenuto dagli Stati sovrani e smettere di farsi stritolare tra gli Stati Uniti e la Cina». 

    Quali sono i vostri alleati in Europa?
    «Ad ora abbiamo sei deputati eletti al Parlamento europeo e attualmente sono in corso alcune discussioni con altre forze politiche. L’obiettivo è offrire un’alternativa al partito della signora Von der Leyen». 

    Ma con chi parlate in Italia?
    «Non lo posso svelare adesso… Ma come può immaginare non siamo gli unici a criticare l’invio di armi, a volere una soluzione pacifica per la guerra e a parlare di giustizia sociale. Esistono altri partiti che la pensano come noi in Europa e tenendo conto di ciò… Presto saremo in grado di formare un nuovo gruppo politico a Bruxelles».

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