La perdita della verginità è un momento che in diverse
società più o meno civilizzate, tra cui quella occidentale contemporanea,
continua ad avere una rilevanza piuttosto forte nella vita di una persona.
C’è
chi fa questo passo da adolescente e chi invece per qualche motivo, volontario
o meno, ha il primo rapporto sessuale solo in età più avanzata.
In entrambi
i casi, potrebbero esserci motivi che non dipendono né dalla nostra volontà
né da quella di chi ci circonda.
Secondo quanto riporta un recente studio scientifico dell’MRC
Epidemiology Unit dell’Università britannica di Cambridge, infatti, l’età in
cui perdiamo la verginità è attribuibile anche al nostro patrimonio genetico, e
dunque parzialmente indipendente dalle condizioni ambientali in cui cresciamo.
Il dottor John Perry ha guidato un team di scienziati in uno
studio condotto su più di 125mila persone, che hanno permesso che i loro geni
venissero studiati e memorizzati nella UK Biobank, un istituto che raccoglie
campioni di sangue, urine e saliva da tutto il Regno Unito.
Perry non nega in alcun modo che fattori quali l’ambiente
sociale, la famiglia, la pressione dei coetanei, la cultura e le influenze
religiose possono influenzare l’età in cui qualcuno inizia a fare sesso. Ciononostante, ha dichiarato alla CNN:
“Abbiamo dimostrato che il 25 per cento della variabilità è dovuto alla
genetica. La gente pensa che sia tutto basato sulle scelte delle persone. È
invece chiaro che i geni sono un fattore importante”.
I geni in questione sono stati analizzati e confrontati con
le più importanti tappe riproduttive della vita delle persone, come la perdita
della verginità, il primo figlio, il numero di figli.
I geni non incidono direttamente su azioni come la perdita della
verginità, ma influenzano aspetti più generali come il momento in cui si raggiunge
la pubertà e si diventa sessualmente maturi.
“Abbiamo dimostrato che una pubertà precoce ha un
impatto causale sull’età in cui si ha il primo rapporto sessuale”, ha
detto il medico che ha guidato il team.