Dopo la generazione boomer e quella X, tocca ora ai millennials raggiungere l’età adulta e diventare il centro delle aspettative future. Secondo uno studio condotto dal Pew Research Center negli Stati Uniti, i giovani nati a partire dagli anni ottanta, che adesso hanno un’età compresa tra i 18 e i 33 anni – detti appunto millennials – sono relativamente distaccati dalla politica e dalla religione, sono vicini ai mezzi di comunicazione sociale, gravati da debiti, diffidenti nei confronti degli altri, ma nonostante ciò ottimisti per il futuro. Essi rappresentano anche la generazione più multirazziale d’America, e per questo profondamente diversa dalle generazioni precedenti.
Oltre la metà dei millennials scelgono di non identificarsi con una delle parti politiche, e solo il 31 per cento di loro crede che vi sia una sostanziale differenza tra repubblicani e democratici. Ciononostante la loro generazione si è distinta nelle ultime due elezioni presidenziali come sorprendentemente democratica e liberale su temi come l’immigrazione, la marijuana e il matrimonio tra persone dello stesso sesso, come spiega la Cnn. Secondo il network statunitense una previsione per il futuro dei millennials sta già diventando realtà: si tratterà di una generazione caratterizzata da alti livelli di “conflitto politico inter-etnico”. Le preferenze politiche sono infatti già molto divergenti a seconda dall’etnia: mentre ad esempio i giovani di colore approvano l’operato del presidente Obama con un rapporto di dua a uno, i millennials bianchi lo disapprovano quasi con lo stesso margine.
Ross Douthat, autore di un editoriale sul New York Times, ritiene che il futuro di questa generazione sia segnato dall’individualismo. Per Douthat, lo scetticismo verso i partiti, i programmi e le persone dei millennials va più a fondo la loro fedeltà a una particolare ideologia. “I loro impegni di sinistra sono ardenti su alcune questioni, ma si confondono in libertarismo e indifferentismo su altri”, scrive Douthat, “Il comune denominatore è l’individualismo, non la politica di sinistra: così si spiega sia l’ottimismo personale e la sfiducia sociale, la passione per cause come il matrimonio gay e l’interesse in calo verso crociate d’azione collettiva come l’ambientalismo, o il fatto che l’affiliazione religiosa è diminuita ma il credo personale è ancora molto diffuso”.
Secondo Eric Uslaner, del Washington Post, la nuova generazione ha meno fiducia negli altri non a causa della crescente diversità del paese o di ciò che le persone fanno o non fanno online. La causa va ricercata piuttosto nel pessimismo generale. L’ottimismo della nuova generazione riguarda infatti solo aspettative relative, che hanno ad oggetto le proprie capacità di superare gli ostacoli. “La fiducia sociale si basa sulla convinzione che siamo tutti nella stessa barca, che abbiamo un destino comune. E la disuguaglianza aiuta a creare la convinzione opposta: che ciò che accade a voi non necessariamente pregiudica ciò che accade a me”, scrive Uslaner, “Gli americani sono diventati meno fiduciosi perché ogni generazione a partire dai boomers – nati tra il 1946 e il 1964 – è diventata più pessimista. Le persone pessimiste sono restie a fidarsi degli altri a differenza di quanto fanno con loro stessi”.