È salito a 10 morti e 1.000 feriti il bilancio complessivo degli scontri nel primo giorno della Marcia del Ritorno, manifestazione organizzata a Gaza dai palestinesi per chiedere il ritorno dei profughi nei territori che attualmente appartengono allo stato di Israele.
Nel corso delle proteste e degli scontri, un video mostra alcuni cecchini israeliani che aprono il fuoco e sparano su un giovane manifestante palestinese, che viene ucciso. Ecco gli ultimi istanti della sua vita (il video poco più sotto).
Dal 30 marzo al 15 maggio 2018 migliaia di palestinesi partecipano a Gaza alla cosiddetta Marcia del Ritorno, manifestazione di protesta per chiedere il ritorno dei profughi palestinesi nei territori attualmente detenuti da Israele.
I manifestanti sono migliaia. Secondo quanto riferito da funzionari palestinesi, l’esercito israeliano ha aperto il fuoco contro i dimostranti. Le forze armate israeliane parlano invece di di “disordini” in sei punti e sostengono di aver sparato “verso i principali istigatori”.
Qui sotto il video, mentre in questo articolo abbiamo elencato tutto quello che c’è da sapere sulla Marcia del Ritorno e le ultime notizie con aggiornamenti in tempo reale
Cos’è la Marcia del Ritorno
A partire da venerdì 30 marzo 2018, per sei settimane, i palestinesi saranno impegnati nella cosiddetta Marcia del Ritorno. La data di avvio della manifestazione coincide con la Giornata della Terra, che segna l’espropriazione da parte del governo israeliano di terre di proprietà araba in Galilea, avvenuta il 30 marzo 1976. Le manifestazioni dureranno per sei settimane fino al 15 maggio, anniversario della fondazione di Israele, che i palestinesi definiscono “Nakba”, una catastrofe.
Gli organizzatori hanno assicurato il carattere pacifico della manifestazione, che ha l’obiettivo di realizzare il “diritto al ritorno”, una richiesta palestinese secondo la quale i discendenti dei rifugiati che hanno perso le loro case nel 1948 possano ritornare alle proprietà della loro famiglia nei territori che attualmente appartengono a Israele.
Israele si oppone a qualsiasi ritorno di rifugiati su larga scala, dicendo che distruggerebbe il carattere ebraico del paese.
“Ci siamo svegliati un giorno per scoprire che le forze israeliane avevano preso d’assalto il nostro quartiere, costringendoci a lasciare le nostre case senza preavviso”, racconta a Middle East Eye, Fadila al-Ashi, un’anziana donna di 82 anni, che non desidera altro che tornare nella sua casa di Beersheba, che oggi appartiene a Israele.
Al-Ashi è una degli oltre 750mila palestinesi cacciati con la forza dalle loro città e villaggi nei territori palestinesi occupati, dopo la proclamazione dello stato di Israele nel maggio 1948, in quella che i palestinesi chiamano la Nakba, la catastrofe.
“Abbiamo camminato per ore finché non siamo arrivati a Gaza. La situazione non era migliore lì. Abbiamo dormito per giorni in una stalla. Pensavamo che presto saremmo tornati nei nostri villaggi, ma non è mai successo”.
Un’usanza dei profughi palestinesi è quella di tenere appesa al muro di casa la chiave delle loro vecchie case prima della cacciata, simbolo di una speranza mai sopita.
A 70 anni da quel tragico episodio, il numero di rifugiati palestinesi in tutto il mondo è superiore ai 5,34 milioni, secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa).
Le richieste dei manifestanti
Una vasta rete di attivisti palestinesi ha organizzato la massiccia marcia di 46 giorni per chiedere il diritto al ritorno. La Grande Marcia del Ritorno è partita il 30 marzo da diverse aree tra cui Gaza, dove Hamas ha già allestito una tendopoli, la Cisgiordania e Gerusalemme. Altre marce sono organizzate all’estero, in Libano, Siria e Giordania.
La giornata di avvio coincide con quello che i palestinesi chiamano Land Day, la Giornata della Terra, per commemorare il giorno in cui le forze israeliane hanno ucciso sei palestinesi durante le proteste contro la confisca delle terre della Galilea nel 1976.
L’obiettivo della marcia è attraversare i confini di Israele e arrivare nei villaggi che un tempo erano abitati dai palestinesi. L’esercito israeliano ha schierato l’esercito e 100 cecchini sul confine con Gaza, e ha detto che monitorerà molto attentamente la marcia.
Oltre a marciare in occasione del 70esimo anniversario della proclamazione dello stato di Israele e della “Nakba”, i palestinesi protesteranno in risposta alla decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale dello stato ebraico.
I palestinesi chiedono inoltre che venga attuata la Risoluzione 194 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del dicembre 1948, che stabiliva che “i rifugiati che desiderano tornare alle loro case e vivere in pace con i loro vicini dovrebbero essere autorizzati a fare così alla prima data praticabile”.
Leggi l'articolo originale su TPI.it