“La mia vita è rovinata. Non posso tornare indietro. Qui non sono al sicuro. Hanno lunghe braccia e possono trovarci in tutta la Russia, basta dare loro tempo”. È la testimonianza di Magomed, vittima delle purghe anti gay in Cecenia, che attualmente si trova in una località protetta.
Nel febbraio 2017 le autorità cecene hanno lanciato una campagna contro gli omosessuali del paese, con circa 100 arresti. A far luce per primi sulla vicenda sono stati il giornale russo Novaya Gazeta e alcune organizzazioni per la tutela dei diritti umani.
Da quella data si sono moltiplicate le testimonianze degli uomini ceceni che raccontano di essere stati rinchiusi dalle forze dell’ordine in strutture di detenzione informali e sottoposti a torture di diversi tipi.
Il governo federale russo si è impegnato a indagare, ma secondo le organizzazioni a tutela dei diritti umani, il clima di paura e il timore di ritorsioni impedirà alle vittime di confessare i soprusi subiti agli investigatori.
Il 26 maggio Human rights watch ha pubblicato un rapporto per documentare le purghe cecene. Il documento si basa su interviste fatte a chi ha vissuto in prima persona gli abusi e a giornalisti che hanno indagato su ciò che stava succedendo.
Una volta imprigionati, agli uomini considerati colpevoli di essere omosessuali sono stati sequestrati i telefoni cellulari per cercare tracce di contatti con altre persone dello stesso sesso. Dopo essere stati portati in carcere, questi uomini sono stati torturati, per far confessare loro il nome di altri omosessuali. Secondo quanto rivela il rapporto, alcune di queste persone sono morte.
Attualmente, alcuni risultano ancora essere detenuti. Molti di quelli che erano stati liberati sono fuggiti lontano dalla Cecenia, ma temono di essere rintracciati se rimangono in territorio russo con le loro famiglie. Alcuni cittadini gay e bisessuali del paese che non erano stati colpiti dalle purghe hanno scelto di partire in via preventiva.
I prigionieri intervistati da Human rights watch sono stati detenuti in alcune strutture non ufficiali a Grozny e Argun, le stesse dove le autorità cecene in passato trattenevano e torturavano i dissidenti politici.
La Cecenia è una società musulmana altamente conservatrice e tradizionale, l’omofobia è intensa e dilagante e l’omosessualità è generalmente considerata una macchia sull’onore familiare.
Il responsabile delle violenze sarebbe il governo locale di Ramzan Kadyrov, che governa la Cecenia da più di un decennio e ha gradualmente costituito una tirannia tesa a sradicare anche le più blande forme di dissenso.
Sotto la direzione di Kadyrov, i funzionari della legge e della sicurezza in Cecenia hanno usato la detenzione illegale, la tortura, la punizione collettiva, l’umiliazione pubblica e altri abusi contro molti “indesiderati”. Le autorità cecene hanno ripetutamente negato le accuse delle purghe ai danni degli omosessuali.
La rete delle associazioni Lgbt russe ha aperto un numero telefonico speciale per fornire assistenza a chi si trova in pericolo immediato, aiutando almeno 40 persone a lasciare il paese.
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