“Sono qui per mio fratello George, sono qui per ottenere giustizia”. Lo dice, davanti ai membri della commissione Giustizia del Congresso americano, Philonise Floyd, fratello di George Floyd, l’afroamericano ucciso dalla polizia a Minneapolis il 25 maggio scorso. “Dipende da voi – ha proseguito – far sì che la morte di George non sia stata vana. Il nome di George significherà qualcosa solo se la sua morte finirà per cambiare in meglio il mondo. E io penso che sarà cosi”. “Guarda cosa hai fatto, grande George, stai cambiando il mondo. Spero tu abbia trovato nostra madre e possiate insieme riposare in pace”, sono poi state le parole di Philonise, rivolte direttamente al fratello.
“George è morto per una discussione su 20 dollari. Questo vale un afroamericano nel 2020? Sono stanco di questo dolore, sono qui per dirvi di fermare questo dolore, non fateci più essere stanchi”: il fratello di George Floyd è commosso e chiede al Congresso di agire affinché episodi del genere non si possano mai più ripetere. Affinché, soprattutto, la morte di George “sia qualcosa di più di un altro volto su una t-shirt, un altro nome in una lista che non smette di allungarsi”. “George ha chiesto aiuto ed è stato ignorato, per favore – è stata la sua preghiera – ascoltate la mia richiesta, della mia famiglia e che arriva delle strade di tutto il mondo, onorate la sua memoria, onorate George”.
“Riformate la polizia, fate in modo che sia la soluzione e non il problema. Se la morte di George porterà a cambiare in meglio il mondo, e credo che lo farà, allora è morto come è vissuto e spetta a voi fare in modo che la sua morte non sia invano. Non posso descrivere il tipo di dolore che provi – ha concluso Floyd – quando vedi qualcosa come quella, quando vedi il tuo fratellone, quello a cui ti sei ispirato per tutta la vita intera morire, morire chiedendo della mamma. Lui si è rivolto ai poliziotti chiamandoli ‘signore’, ha avuto un atteggiamento mite, non ha reagito. All’uomo che gli ha tolto la vita, che lo ha soffocato per otto minuti e 46 secondi lui ha continuato a rivolgersi chiamandolo ‘signore’ e a supplicarlo”.
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