Maryam aveva 24 anni, era nata nel Kurdistan iracheno e aveva percorso oltre 3.700 chilometri solo per raggiungere il fidanzato Karzan, che si era stabilito nel Regno Unito, dove più volte aveva richiesto un visto per la compagna. La sua vita invece è finita nel canale della Manica, a causa del naufragio di un gommone carico di migranti, in cui sono morte 27 persone. Soprannominata dalla famiglia «Baran» – che in curdo significa «pioggia» – la ragazza è la prima vittima identificata dell’affondamento del 24 novembre 2021 al largo del porto di Calais, a cui sono sopravvissute due persone tratte in salvo dalle autorità francesi.
Poco altro si sa dei 17 uomini, 7 donne e 3 minori deceduti nelle acque gelide tra Francia e Gran Bretagna, ma la tragedia – la più sanguinosa del genere mai avvenuta nel Canale – ha riacceso le polemiche tra Parigi e Londra. Il governo britannico ha offerto più di 62 milioni di euro per aumentare i pattugliamenti oltremanica, ma non ha istituito canali legali per richiedere asilo nel Regno Unito. L’Eliseo rivendica invece gli oltre 1.500 arresti di trafficanti registrati nell’ultimo anno, ma non riesce a risolvere il problema dei campi illegali allestiti nei boschi tra Calais e Dunkerque.