“Ho portato una statuetta che poi è esplosa”: Daria Trepova, la 26enne accusata di essere la responsabile dell’attentato compiuto ieri in un caffè di San Pietroburgo in cui è rimasto ucciso il giornalista Maksim Fomin, alias Vladlen Tatarsky, ammette le sue responsabilità in un video pubblicato dall’agenzia di stampa governativa Ria Novosti. Qualcuno le chiede chi le avesse dato la statuetta, la giovane risponde: “Posso dirlo dopo?”. Nata nel 1997, Trepova abitava da un mese in un appartamento affittato a pochi metri dal bar dove c’è stata l’esplosione.
Secondo il Comitato nazionale antiterrorismo russo, l’attacco nel bar, che si è scoperto essere di proprietà di Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo Wagner, “è stato pianificato dai servizi segreti ucraini”. “Persone che collaborano con il cosiddetto Fondo anti-corruzione” dell’oppositore di Putin Alexei Navalny sono “coinvolte” nel piano “architettato dai servizi segreti ucraini”, sostengono le autorità del Cremlino. La stessa fonte aggiunge che Trepova è “una sostenitrice attiva” dell’organizzazione. Dmitry Peskov, portavoce di Mosca, ha spiegato ai giornalisti: “Il regime di Kiev sostiene azioni terroristiche. Per questo l’operazione militare speciale in Ucraina viene compiuta”.
In totale nell’esplosione sono rimaste ferite 32 persone, di cui 10 in modo grave. “Sedici in uno stato di moderata gravità, di cui una ragazza di 30 anni, cinque persone sono in condizioni soddisfacenti”, riferisce il Ministero della Salute russo. Il think tank statunitense Isw (Institute for the study of the war) ha definito “strana” la reazione di Prigozhin, che si è dissociato dalla narrazione del Cremlino non incolpando Kiev per l’attentato. Il capo del gruppo Wagner era molto vicino alla vittima Vladlen Tatarsky: il blogger era diventato famoso all’inizio della guerra, pubblicava video quotidiani in cui analizzava l’andamento del conflitto dando anche consigli tecnici alle truppe sul campo.