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    Un impiegato dell’Fbi ha ammesso di aver lavorato per la Cina

    Joey Chun si è dichiarato colpevole di aver girato informazioni sensibili a Pechino per cinque anni. Rischia fino a dieci anni di carcere

    Di TPI
    Pubblicato il 2 Ago. 2016 alle 11:05 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:47

    Un tecnico elettronico impiegato dell’Fbi si è dichiarato colpevole di aver agito come agente della Cina, ammettendo di aver passato informazioni sensibili ai funzionari di Pechino in numerose occasioni.

    Kun Shan Chun, conosciuto anche come Joey Chun, lavorava per l’Fbi sin dal 1997 ed era stato arrestato a marzo, sebbene le accuse contro di lui siano state rese note solo lunedì 1 agosto, quando di fronte alla corte federale di New York l’imputato si è dichiarato colpevole di aver spiato l’Fbi per conto della Cina dal 2011 al 2016.

    Tra le informazioni girate ai funzionari cinesi anche l’identità e i piani di viaggio di un agente dell’Fbi, un diagramma organizzativo interno e le foto di alcuni documenti riservati sulle tecnologie di sorveglianza.

    “Sapevo che stavo facendo una cosa sbagliata, mi dispiace per le mie azioni”, ha dichiarato Chun, nato in Cina ma cittadino americano naturalizzato.

    Il 46enne è stato rilasciato su cauzione dopo l’udienza. In base a un accordo con il procuratore, ha rinunciato al diritto di appellarsi per una pena inferiore ai 27 mesi di reclusione. La sentenza sarà emessa il prossimo 2 dicembre e l’imputato rischia fino a dieci anni di carcere.

    “La verità è che Chun ama gli Stati Uniti e non ha mai voluto causare loro alcun danno. Spera di potersi mettere questa vicenda alle spalle e di andare avanti con la sua vita”, ha dichiarato il suo avvocato Jonathan Marvinny.

    L’uomo era stato inizialmente arrestato per aver fornito una falsa dichiarazione riguardo i suoi contatti con cittadini cinesi e con un produttore cinese di stampanti. Secondo le accuse mosse allora, Chun doveva svolgere delle ricerche e fornire consulenza alla società.

    Successivamente era emerso che la società in questione aveva connessioni a livello governativo con Pechino, e che i genitori di Chun, investitori dell’azienda, lo avrebbero spinto ad agire per suo conto. 

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