Il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti avvierà un’indagine per appurare se l’Fbi ha spiato a “scopi inappropriati” la campagna elettorale dell’attuale presidente americano, Donald Trump.
L’azione sarà intrapresa dopo i sospetti avanzati dallo stesso Trump e rilanciati da articoli pubblicati su alcuni autorevoli quotidiani statunitensi, tra cui New York Times e Washington Post.
In un tweet Trump ha chiesto formalmente l’apertura di una indagine e ha lanciato dure accuse al suo predecessore, Barack Obama.
“Chiedo che il dipartimento di Giustizia esamini se l’Fbi ha infiltrato o sorvegliato la campagna di Trump per motivi politici, e se istanze o richieste del genere sono state fatte da persone nell’amministrazione Obama”, ha scritto il presidente.
I hereby demand, and will do so officially tomorrow, that the Department of Justice look into whether or not the FBI/DOJ infiltrated or surveilled the Trump Campaign for Political Purposes – and if any such demands or requests were made by people within the Obama Administration!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) May 20, 2018
In precedenza, in un altro tweet, Trump aveva scritto: “Almeno un rappresentante dell’Fbi è stato infiltrato, a fini politici, nella mia campagna per la presidenza. Se è vero, è il più grande scandalo politico di tutti i tempi”.
Il vice procuratore generale degli Stati Uniti, Rod Rosenstein, ha dichiarato che “se qualcuno si infiltrava o sorvegliava la campagna presidenziale per scopi inappropriati” saranno prese “le misure appropriate”.
Secondo quanto scritto dal New York Times, un informatore dell’Fbi, la cui identità non è stata rivelata, fu inviato a parlare con aiutanti della campagna elettorale di Trump. Questo dopo che il Federal Boureau aveva ricevuto segnalazioni di “contatti sospetti legati alla Russia”.
La notizia è stata riportata anche dal Washington Post. I fatti risalgono all’estate 2016.
L’informatore dell’Fbi sarebbe un accademico americano in pensione che lavorava nel Regno Unito e che contattò per la precisione George Papadopoulos e Carter Page, due consulenti di Trump in materia di politica estera.
A metà luglio 2016 l’ex professore si rivolse a un consulente della campagna presidenziale durante una conferenza sulla corsa alla Casa Bianca tenutasi in un’università britannica.
L’uomo parlò in particolare con Carter Page, che Trump aveva nominato qualche mese prima come consulente di politica estera.
Successivamente si incontrò con il co-presidente della campagna, Sam Clovis, per un caffè nella Virginia del Nord, offrendosi di fornire competenze di politica estera alla campagna di Trump.
A settembre l’informatore dell’Fbi contattò Papadopoulos, invitandolo a Londra per lavorare su un documento di ricerca.
Molte domande sul ruolo dell’accademico nell’indagine sulle presunte interferenze della Russia nelle elezioni presidenziali americane rimangono senza risposta.
L’Fbi usa comunemente fonti e informatori per raccogliere prove e i suoi regolamenti consentono l’uso di informatori anche prima che un’indagine formale sia stata aperta.
La notizia dell’indagine sulla presunta spia dell’agenzia federale infiltrata nella campagna di Trump arriva nel mezzo del continuo braccio di ferro tra il presidente procuratore speciale statunitense Robert Mueller, titolare dell’inchiesta sul Russiagate.
Mueller sta indagano sulle presunte interferenze della Russia sulle elezioni presidenziali, sull’eventuale collusione tra il Cremlino e la campagna elettorale di Trump e sull’ipotesi che il presidente abbia tentato illegittimamente di ostacolare l’inchiesta.
Recentemente il procuratore speciale statunitense ha avvertito che potrebbe emettere un mandato di comparizione per il presidente americano Donald Trump, se questi si rifiuterà di collaborare con le indagini.