Al cinema, c’è l’“effetto notte”, o “day for night”, una tecnica utilizzata per simulare che sia notte, anche se si gira alla luce del sole (nel 1973, François Truffaut ci intitolò un suo bel film). In geopolitica, c’è l’“effetto Trump”: è come se fosse tornato al potere, anche se non è ancora stato rieletto (e non è affatto sicuro di esserlo, neppure di essere candidato).
Presenza ingombrante
La sua sola presenza sulla scena di Usa 2024 condiziona l’andamento dei due conflitti che tengono il mondo in ansia. In Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin, poco “distratto” dalle elezioni del 17 marzo a casa sua – quasi una formalità -, può traccheggiare al fronte, in attesa di vedere se Trump vince, confidando che The Donald taglierà gli aiuti a Kiev e accetterà lo status quo, “cristallizzando” le quattro province (più la Crimea) annesse dalla Russia con i referendum farsa del settembre 2022, in attesa di concordare chissà quando una soluzione negoziale.
Invece, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è febbrile: senza gli aiuti di Washington, che sono in stallo, e nonostante quelli dell’Ue, sbloccati, l’Ucraina si difende a stento e non ha i mezzi per reagire. Il cambio della guardia al vertice dell’esercito è uno dei sintomi dell’agitazione ucraina.
In Medio Oriente poi, il premier israeliano Benjamin Netanyahu spera nel ritorno dell’amico Donald, che gliele ha sempre date tutte vinte: il problema, per lui, è essere ancora in sella, se e quando ci sarà il cambio della guardia alla Casa Bianca. Con Trump al potere, l’idea d’uno Stato palestinese tornerà nei cassetti della diplomazia statunitense.
Putin e Netanyahu non sono i soli a comportarsi come se Trump fosse già tornato, complice l’impressione di fragilità sempre più evidente data da Joe Biden: l’86 per cento degli americani lo giudica troppo anziano per un secondo mandato (a dire il vero, il 62 per cento lo pensa pure di Trump). Il tema dell’età di Biden e della sua forma fisica e mentale è centrale in questo momento della campagna elettorale per Usa 2024 e mette in confusione i democratici, che non hanno un’alternativa pronta.
L’invadenza di Trump induce, persino, Putin a fare una sorta di retromarcia, a cercare di smarcarsi. In un’intervista, sintetizzata dalla Tass, dice: «Biden è più esperto di politica e per questo la Russia preferirebbe lui rispetto a Trump come presidente degli Stati Uniti». Salvo poi aggiungere: «Sarebbe scorretto che noi interferissimo». Difficile però immaginare interferenza maggiore di una sortita così esplicita; e difficile dimenticare le interferenze diplomatiche e informatiche del 2016 e 2020. E non è chiaro se Putin voglia solo creare una cortina fumogena sul sostegno del Cremlino a Trump o voglia davvero esprimere una preferenza di segno contrario.
Anche per Trump è tempo di marce indietro: lui, nei comizi e non solo, parla sovente a ruota libera e si contraddice spesso. Dopo avere espresso riserve sugli aiuti all’Ucraina e chiesto ai repubblicani di non autorizzarli, assicura che lui farà per Kiev più di quanto non abbia fatto e non faccia Biden. Pure qui, portata e valenza della dichiarazione riferita restano da verificare: i deputati repubblicani continuano ad opporsi agli aiuti, sostenendo che la sicurezza degli Usa è compromessa da ciò che accade alla frontiera con il Messico, da dove entrano nell’Unione fino a 10 mila migranti al giorno, e non da ciò che accade in Europa.
Allarme atlantico
Proprio l’Europa è la più agitata dalle parole di Trump – le più esplicite le pronuncia in un comizio in South Carolina – che rinnegano gli impegni degli Usa verso la Nato e danno via libera alla Russia di Putin. C’è un coro di allarme e indignazione dalla Nato e dall’Ue e dalle capitali. L’emozione è meno grande negli Usa: la sortita anti-atlantica precede di poche ore il Super Bowl, la ‘partitissima’ del football americano: i fans del match votano alle presidenziali – molti votano Trump -; gli alleati non votano. Il magnate pluri-inquisito può fare spallucce di fronte ai crucci europei.
Non è la prima volta che l’ex presidente evoca l’aneddoto del vertice della Nato del 2018, dove si discuteva del contributo degli alleati alla difesa comune (l’obiettivo è spendere il 2 per cento del Pil: solo una dozzina di Paesi su 30 lo fanno). Trump racconta: «Un leader di un grande Paese si alzò e mi chiese: “Se non paghiamo e veniamo attaccati, ci difenderete?”. Gli feci: “Non avete pagato? Siete inadempienti?”. Mi rispose: “Sì”. E io replicai che no, non li avrei difesi, anzi avrei incoraggiato Putin “a fare quel che diavolo voleva”».
Colpisce il linguaggio e l’utilizzo del termine “incoraggerei”: la Russia è da due anni impegnata nell’invasione dell’Ucraina e non pare il caso di invitarla ad andare oltre. Ma la sortita conferma l’avversità mai celata di Trump verso la Nato e la sua insofferenza verso ogni multilateralismo.
La Casa Bianca bolla le parole di Trump come «spaventose e sconvolgenti»: l’ex presidente «incoraggia l’invasione dei nostri più stretti alleati da parte di regimi assassini»; così facendo, «mette in pericolo la sicurezza nazionale, la stabilità globale e la nostra economia». Biden stesso dice: Trump «vuole dare luce verde a Putin per più guerre e più violenze».
Nuove opportunità
Contro l’ex presidente, il New York Times prende posizione con un editoriale: «Favorendo i nemici rispetto agli amici, Donald Trump mette a rischio l’ordine internazionale». «Alcuni potrebbero leggere le sue parole come un tentato cattivo umorismo. Altri potrebbero apprezzare la linea dura. Ma la retorica di Trump lascia presagire, nel caso in cui vincesse la Casa Bianca a novembre, potenziali cambiamenti di ampia portata nell’ordine internazionale con conseguenze imprevedibili».
La Cnn si interroga se l’Alleanza atlantica potrebbe sopravvivere a un Trump II. Politico.com chiede se l’Ue potrebbe difendere da sola se stessa e l’Ucraina – oggi, è una domanda retorica: no, non può farlo.
Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg assicura: «Restiamo pronti a difendere tutti i nostri alleati. Ogni affermazione in cui si parli della possibilità che i Paesi membri non si difendano reciprocamente mette a rischio la sicurezza di noi tutti, inclusa quella degli Usa, ed espone i soldati americani ed europei a rischi crescenti». Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, giudica «sconsiderate» le affermazioni di Trump. Nei Paesi baltici si parla di «frasi puerili».
Nella sua versione europea, Politico cerca un risvolto positivo: Trump – sostiene – fa un favore all’Europa, spingendola verso un’Unione della Difesa. Un’opportunità che però l’Ue non colse quando il magnate era alla Casa Bianca, dal 2017 al 2021, anche se fece passi per rafforzare la cooperazione nell’ambito dell’industria militare. Adesso, la situazione è profondamente diversa: dopo l’invasione dell’Ucraina, la minaccia russa è molto più percepita e i vantaggi, economici e politici e strategici, di mettere in comune le capacità di difesa più condivisi.
Business as usual
Negli Usa, i repubblicani cercano di minimizzare la portata delle dichiarazioni di Trump: ricordano che molti Paesi dell’Alleanza non sono in regola con gli impegni per la difesa e che periodicamente quasi tutti i presidenti americani se ne sono lamentati, ma mai in termini così perentori. Invece, i democratici sottolineano la lungimiranza del Congresso: una legge vieta al presidente, chiunque egli sia, il ritiro unilaterale dalla Nato.
Con Putin, Trump s’è sempre vantato di aver un buon rapporto: crede più a lui che alla sua intelligence, come disse incontrandolo a Helsinki in pieno scandalo sulle interferenze russe nelle elezioni 2016. Un’intesa che va avanti da tempo e che è appena “rinfrescata” dall’intervista a Putin, compiacente e compiaciuta, fatta da Tucker Carlson, un ex conduttore di Fox News licenziato perché eccessivamente “trumpiano” e considerato uno dei possibili candidati vice in ticket con il magnate.
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