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    Farmaco causa ipersessualità e ludopatia: Pfizer condannata dalla Corte d’appello di Milano a mezzo milione di risarcimento

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 4 Mag. 2021 alle 16:53

    Pfizer Italia dovrà risarcire i danni biologici per invalidità temporanea per sei anni e i danni economici a un paziente che dal 2001 al 2006 ha assunto il medicinale ‘Cabases’ prodotto dall’azienda farmaceutica statunitense per la cura del Parkinson per gli effetti collaterali incontrollabili che il medicinale ha gli ha provocato, tra cui ludopatia e iper sessualità, costringendolo anche a dimettersi dal lavoro.

    Lo ha deciso venerdì scorso la Corte d’Appello di Milano che ha confermato la decisione del Tribunale di Milano del marzo 2020 che aveva “accertato la responsabilità di Pfizer Italia nella determinazione dell’effetto collaterale della ludopatia per assunzione di Cabases” condannando l’azienda farmaceutica a risarcire circa 200mila euro per danni morali e circa 300 mila euro per danni economici, oltre agli interessi.

    Nel corso della causa i periti hanno confermato gli effetti collaterali del farmaco, che l’uomo ha assunto dal 2001 al 2006 e che Pfizer indica nel bugiardino soltanto dal 2007. Il sessantenne a cui la Corte d’Appello di Milano ha riconosciuto danni per mezzo milione di euro ha assunto il Cabaser dal 2001 al 2006. Cinque anni che gli hanno sconvolto la vita, trasformandolo in un giocatore incallito, durante i quali ha utilizzato 1.802 carte di credito usa e getta per giocare online, lui che fino ad allora non aveva mai giocato. Non solo: è stato anche costretto a lasciare il lavoro in una azienda a cui aveva sottratto 100mila euro, soldi che ora restituirà.

    “I primi sintomi si sono manifestati pochi mesi dopo l’assunzione del farmaco – ha raccontato l’uomo ai giudici – Ero diventato ipereccitato sul piano sessuale, poi ho incominciato a giocare, credevo di essere impazzito”. “Le conclusioni del tribunale nel marzo scorso, con una sentenza inedita ora confermata in Appello – spiega l’avvocato Renato Ambrosio – arrivano dopo due complesse consulenze tecniche cui ha partecipato attivamente anche l’azienda con un proprio esperto, senza però convincere i qualificati periti del giudice”.

    Il principio cardine affermato dai magistrati d’appello di Milano è  che qualunque azienda farmaceutica per discolparsi deve “dimostrare la rigorosa osservanza di tutte le sperimentazioni e i protocolli  previsti dalla legge prima della produzione e della  commercializzazione del farmaco” e, come confermato anche dalla  Cassazione “di aver fornito un’adeguata informazioni circa i possibili effetti indesiderati dallo stesso, aggiornandola, se necessario, in  relazione all’evoluzione della ricerca”.

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