Google, Twitter e Facebook sono stati citati in giudizio dalle famiglie di tre delle vittime uccise nella sparatoria di massa avvenuta a Orlando, in Florida, il 12 giugno 2016.
In quell’occasione Omar S. Mateen, 29 anni, nato a New York e di origine afghana, era entrato armato di fucile nella discoteca gay Pulse e aveva aperto il fuoco contro i presenti, uccidendo 49 persone e ferendone 53 prima di essere poi a sua volta colpito a morte dalla polizia.
Ora le famiglie di tre vittime, Tevin Crosby, Juan Ramon Guerrero e Javier Jorge-Reyes, hanno intentato una causa contro Google, Twitter e Facebook sostenendo che i tre giganti della tecnologia abbiano fornito “supporto materiale” per la radicalizzazione dell’Isis.
Secondo la causa, depositata oggi lunedì 19 dicembre, le aziende avrebbero “consapevolmente e avventatamente” tollerato account associati al sedicente Stato islamico, permettendogli di usare i social network come strumento per la diffusione di propaganda estremista, raccolta di fondi e reclutamento di nuovi militanti.
Mateen aveva infatti, secondo le indagini, avuto modo di entrare in contatto con l’estremismo islamico attraverso la rete e i social media, ed è per questo motivo che, stando ai fascicoli giudiziari depositati presso la Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto Orientale del Michigan, “questo materiale di supporto è stato determinante per l’ascesa dell’Isis”.
Google, Facebook e Twitter non hanno ancora rilasciato dichiarazioni in merito alle accuse che li riguardano.