Da Wilimowski a Podolski, da quasi un secolo i rapporti tra Germania e Polonia passano anche per il calcio
Ernest Wilimowski nacque con una caratteristica singolare: il suo piede destro aveva sei dita. Nonostante questo difetto, divenne un attaccante e durante la sua carriera calcistica fu in grado di realizzare molti gol, alcuni con la nazionale polacca, altri, dal 1941 con la maglia della Germania.
Wilimowski riuscì ad ottenere la cittadinanza tedesca e a giocare in Gauliga (antenata dell’odierna Bundesliga) dopo la spartizione della Polonia dal momento che la Slesia, regione in cui nacque e crebbe, era sotto il controllo dell’Impero tedesco.
Dopo la seconda guerra mondiale non gli fu più permesso di tornare nella Polonia comunista, perché era considerato un traditore.
Lukas Podolski è oggi uno dei calciatori più rappresentativi della nazionale tedesca impegnata in questo Euro2016. Come Wilimowski, anche lui è nato in Polonia, ma si trasferì con la famiglia in Germania Ovest nel 1987, due anni prima della caduta del Muro di Berlino.
Per queste storie personali, ma non solo, Germania-Polonia è forse la partita più evocativa di questo torneo. Dallo “stato cuscinetto” della prima guerra mondiale, alla Campagna di Polonia (1939, l’atto con cui di fatto si aprì il secondo conflitto mondiale) fino ad oggi, i rapporti tra questi due paesi divisi da un fiume sono cambiati fino ad arrivare alla situazione attuale, in cui se l’economia polacca cresce a ritmi elevatissimi lo deve perlopiù agli investimenti tedeschi sul territorio.
Dalla vittoria di Solidarnosc nel 1989 in poi, quindi con l’avvento della democrazia, la Polonia ha conosciuto un periodo di importante sviluppo economico, con la crescita del Pil arrivata a toccare il 3,6 per cento nel 2015.
Dati che se paragonati ad esempio a quelli dell’Italia – in cui il Pil dello scorso anno è cresciuto soltanto dello 0,8 per cento – spiegano molto del progressivo raggiungimento da parte della Polonia di una posizione centrale nell’economia europea.
Le ragioni di questo sviluppo sono da rintracciare principalmente negli investimenti dei tedeschi che hanno riconosciuto notevoli potenzialità nell’economia polacca, definita nel 2013 da Bloomberg come “la più dinamica d’Europa”.
In particolare la città di Poznan ha tratto vantaggio da questa vivacità finanziaria grazie alla sua posizione geograficamente favorevole, essendo la più vicina al confine tedesco, ad appena due ore di autostrada da Berlino.
Basso costo del lavoro e vantaggi fiscali per imprese straniere hanno convinto la Volkswagen ad aprire un nuovo stabilimento che dà lavoro a circa duemila operai polacchi.
Anche la Nivea, nota azienda produttrice di prodotti per il corpo, dal 2006 ha localizzato circa il 90 per cento della produzione vicino Poznan.
E poco importa se la Polonia, nonostante il suo ingresso nell’Unione Europea nel 2004, non abbia ancora adottato l’Euro, rimanendo legata allo Zsloty, la sua moneta storica.
Stasera, allo Stade De France di Parigi, Germania e Polonia torneranno a scontrarsi. Novanta minuti in cui la storia dell’ultimo secolo verrà messa da parte con l’unico obiettivo di vincere il girone e assicurarsi la qualificazione agli ottavi di finale.