Tewabech Bedada ha 85 anni e vive a Shewa Robit, a soli 220 chilometri dalla capitale etiope Addis Abeba. Sopravvissuta all’occupazione fascista, al regime Derg e alla guerra con l’Eritrea, ha subìto sulla propria pelle il conflitto civile scatenato oltre un anno fa dal premier e premio Nobel per la Pace, Abiy Ahmed.
Gli scontri tra le forze armate etiopi, coadiuvate da varie milizie e dall’ex nemico storico eritreo, e i ribelli del Fronte popolare di liberazione del Tigray, sono già costati la vita a oltre tremila persone, registrando alterne fortune tra le parti. A novembre sembrava arrivata la svolta, con i ribelli a poche centinaia di chilometri dalla capitale.
Da allora però i tigrini sono in ritirata, il governo ha riconquistato Shewa Robit, ma le sofferenze dei civili non si fermano. Gli sfollati sono milioni e la popolazione ha subito violenze inaudite, in primis le donne. All’interno dei corpi di centinaia di vittime di stupro sono stati ritrovati chiodi e pezzi di minerali e plastica. Ma la guerra continua.