Etiopia: clamorosa svolta nella guerra civile, i ribelli preparano l’assalto alla capitale
Il governo etiope si sta preparando al possibile attacco dei ribelli contro Addis Abeba, dopo una serie di sconfitte che hanno portato i miliziani del Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf) a un passo da una clamorosa vittoria nella guerra civile scoppiata dodici mesi fa.
Il parlamento etiope oggi ha approvato lo stato d’emergenza proclamato negli scorsi giorni dal governo, a un anno esatto da quando l’esecutivo guidato dal premio Nobel per la pace Abiy Ahmed ha lanciato un conflitto sanguinario contro la regione ribelle del Tigray e il Tplf, gruppo che era stato egemone nella politica etiope prima dell’ascesa dello stesso Abiy. Dopo i primi successi dell’offensiva sostenuta dalla vicina Eritrea, la situazione è adesso ribaltata e vede il Tplf e le milizie alleate preparare l’assalto alla capitale etiope.
Secondo un gruppo alleato del Tplf, Addis Abeba potrebbe cadere nel giro di pochi mesi. “Se le cose seguono la traiettoria attuale, allora sarà questione di mesi se non di settimane”, ha detto Odaa Tarbii, portavoce dell’Esercito di liberazione oromo (Ola), gruppo composto da esponenti dell’etnia oromo, maggioritaria nel paese, che ad agosto ha annunciato un’alleanza con il Tplf. I miliziani delle due organizzazioni si sono incontrati negli scorsi giorni dopo un’avanzata da diverse direzioni, arrivando a prendere le città chiave di Dessie e Kombolcha nella regione di Amhara.
Il portavoce del Tplf Getachew Reda, ha dichiarato che le forze ribelli stanno per prendere anche Mille, centro strategico per il controllo dell’autostrada che collega Addis Abeba a Gibuti. “Non intendiamo sparare ai civili e non vogliamo spargimenti di sangue. Se possibile vorremmo che il processo fosse pacifico”, ha detto Getachew, ex ministro della Comunicazione etiope.
Un conflitto che secondo le Nazioni Unite è già stato segnato da una “brutalità estrema”. “La gravità e la serietà delle violazioni e degli abusi che abbiamo documentato sottolineano la necessità di ritenere responsabili gli autori”, ha detto l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet. L’ex presidente del Cile ieri ha presentato un rapporto sul conflitto in cui tutte le parti sono accusate di violenze che potrebbero rappresentare crimini di guerra e crimini contro l’umanità, anche se Bachelet ha specificato che le accuse sono rivolte prevalentemente alle forze filo-governative. “Direi che il gran numero di violazioni dei diritti umani è legato alle forze di difesa etiopi ed eritree”, ha detto.
Ieri Facebook ha rimosso un post dello stesso primo ministro, per aver violato le regole contro l’incitamento alla violenza. Abiy Ahmed, che nel fine settimana aveva già chiesto ai cittadini di impugnare le armi per difendersi dal Tplf, nel post aveva esortato i cittadini a “organizzarsi e marciare in [qualsiasi] maniera legale con ogni arma e mezzo… per difendere, respingere e seppellire il [gruppo] terrorista del Tplf”.
Il primo ministro è tornato sugli stessi temi in un discorso tenuto ieri al quartier generale dell’esercito etiope in cui ha promesso di seppellire i nemici “con il nostro sangue e le nostre ossa e di rendere di nuovo alta la gloria dell’Etiopia”.
Gli Stati Uniti, che negli scorsi giorni hanno chiesto a tutte le parti di cessare le ostilità, hanno minacciato di escludere il paese da un programma commerciale, se non adotterà misure significative per porre fine al conflitto in corso. Nelle scorse ore l’ambasciata degli Stati Uniti ad Addis Abeba ha autorizzato alcuni addetti dell’ambasciata e i loro familiari a lasciare volontariamente il paese a causa del “conflitto armato, disordini civili e possibili carenze”. Oggi l’inviato speciale degli Stati Uniti per il Corno d’Africa, Jeffrey Feltman, si è recato a Addis Abeba per una visita di due giorni nel tentativo di prevenire un’escalation del conflitto con il Tplf.
Il gruppo che riunisce esponenti della minoranza tigrina, è stato alla guida della coalizione che ha governato il paese per 30 anni dalla fine del regime di Menghistu, fino all’ascesa dello stesso Abiy.
Dopo la sua nomina a primo ministro nel 2018, quando era diventato il primo capo del governo di etnia oromo, Abiy aveva promosso un’inedita stagione di aperture e riforme, che gli era valso il plauso della comunità internazionale e nel 2019 il premio Nobel per la pace.
Nel 1991 il Tplf aveva già guidato l’offensiva contro Addis Abeba che aveva portato alla fine di una guerra civile durata 17 anni.
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