Esplosione a Istanbul, la Turchia accusa il Pkk: arrestata l’attentatrice e altre 46 persone
Le autorità turche hanno accusato il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) per l’attentato che ieri ha causato la morte di 6 persone nel centro di Istanbul. Secondo il ministro dell’Interno Suleyman Soylu, la polizia ha arrestato 47 persone, tra cui quella sospettata di aver collocato l’ordigno esploso ieri principale via dello shopping della città, provocando più di 80 feriti.
Filmati rilanciati anche dalla televisione turca, mostrano una donna lasciare un pacco nei pressi di un’aiuola in viale Istiklal. Si tratterebbe di Ahlam Albashir, una donna di nazionalità siriana che, secondo il governo, avrebbe confessato di essere stata addestrata dal Pkk e dalle Unità di protezione del Popolo (Ypg).
“Una donna si è seduta su una panchina per 40-45 minuti, e qualche tempo dopo c’è stata un’esplosione. Tutti i dati su questa donna sono attualmente sotto indagine”, ha dichiarato il ministro della Giustizia Bekir Bozdag. “O questa borsa conteneva un timer o qualcuno l’ha attivato da remoto”.
“Gli autori saranno smascherati. Che la nostra gente stia sicura che sarà punita”, aveva promesso ieri il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, prima di partire per il vertice del G20 a Bali, in Indonesia. Il “vile attacco”, come è stato definito da Erdogan, sarebbe stato ordinato dalla città siriana di Kobane, controllata dalle forze curde. Secondo il ministro dell’Interno Soylu il sospetto attentatore sarebbe inoltre transitato per Afrin, sempre nel nord della Siria. Negli ultimi anni la Turchia ha lanciato tre operazioni militari in Siria settentrionale contro le Ypg curde.
Da anni Ankara accusa Ypg di essere legate al Pkk, considerato un’organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti e Unione Europea. Il Pkk ha ripreso la lotta armata nel 2015: da allora decine di migliaia di persone sono morte negli scontri con le forze turche, soprattutto nelle aree meridionali del paese. I militanti separatisti curdi del Pkk hanno smentito il loro coinvolgimento: in un comunicato hanno sottolineato di non prendere di mira “direttamente i civili e di condannare le azioni contro i civili”.
Oltre a puntare il dito contro le organizzazioni curde, il ministro dell’Interno Soylu ha anche alzato un muro contro gli Stati Uniti, respingendo le condoglianze fatte dall’ambasciata americana per le sei vittime dell’attentato.”Non accettiamo il messaggio di cordoglio dell’ambasciata americana. Lo rifiutiamo”, ha detto Soylu, dopo le reiterate accuse a Washington di fornire armi ai combattenti curdi.