Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan fatica a chiarire lo scopo delle operazioni militari condotte da Ankara in Siria.
Martedì 29 novembre, Erdogan aveva detto che l’obiettivo delle forze armate turche in Siria è quello di mettere fine al regime del presidente siriano Bashar al-Assad.
“Ritengo che in Siria siano rimaste uccise quasi un milione di persone. Queste morti continuano e non fanno distinzioni tra uomini, donne e bambini. Dove sono le Nazioni Unite? Cosa stato facendo? Sono in Iraq? No. Abbiamo predicato la pazienza, ma non potevamo più resistere e siamo entrati in Siria al fianco dell’esercito siriano libero [Fsa]. Perché siamo entrati? Non abbiamo mire sul territorio siriano. La questione è consegnare la terra ai suoi legittimi proprietari. Ci troviamo lì per ristabilire la giustizia, per mettere fine al regno del tiranno Assad, che usa il terrorismo di stato. Non siamo entrati per nessun altra ragione”, ha dichiarato il presidente turco.
Ha ritrattato due giorni dopo, forse spinto dalle richieste di spiegazioni provenienti dal Cremlino. La Russia è il principale e più potente sostenitore di Damasco.
L’1 dicembre Erdogan ha detto che le operazioni militari turche in Siria non sono dirette “contro un paese o una persona in particolare, ma contro le organizzazioni terroristiche”.
Il 24 agosto Ankara ha lanciato l’operazione Scudo dell’Eufrate con lo scopo di ripulire i territori lungo il confine meridionale della Turchia dai miliziani dell’Isis e dalle forze curde siriane, considerato un gruppo terroristico affiliato al Pkk.
La scorsa settimana sei soldati turchi sono rimasti uccisi in tre diverse circostanze: quattro in un presunto attacco da parte delle forze governative siriane e due in altrettanti attentati compiuti dal sedicente Stato islamico.
Nella tarda serata del 29 novembre, inoltre, le forze armate turche hanno perso contatto con due soldati di stanza in Siria. L’Isis ne ha rivendicato il rapimento attraverso la propria agenzia di stampa Amaq, dichiarando di averli sequestrati nei pressi del villaggio di al-Dana, a nordovest di al-Bab.
Il 30 novembre cinque soldati turchi sono rimasti feriti nel corso degli scontri con i miliziani estremisti nella stessa area e trasportati oltre confine negli ospedali di Gaziantep e Kilis.
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