Elezioni Spagna 2019, il 10 novembre urne aperte per la quarta volta in 4 anni
Il 10 novembre 2019 si tengono le elezioni anticipate in Spagna, a pochi mesi dalla consultazione elettorale precedente. Le Camere, formate dopo le elezioni del 28 aprile 2019, sono state sciolte il 23 settembre, dopo aver constatato l’impossibilità di formare un governo.
Dopo le lunghe consultazioni di tutte le forze politiche, il Re Felipe VI ha stabilito che non era possibile formare una maggioranza di governo stabile in grado di guidare il paese e non ha proposto alcun candidato per il ruolo di Primo ministro.
I negoziati per formare un governo guidato da Pedro Sanchez, leader dei socialisti Psoe, sono falliti e l’esecutivo non ha mai ricevuto la fiducia del Parlamento, rendendo necessario un ritorno alle urne. L’accordo con Podemos di Pablo Iglesias è saltato dopo numerosi tentativi di trovare un alleanza, così come quello con i popolari di Pablo Casado e Ciudadanos di Albert Rivera è andato fallito.
“Il Paese è destinato a tornare al voto il 10 novembre. Il risultato delle consultazioni è chiaro: non c’è alcuna maggioranza alla camera dei deputati in grado di garantire la formazione di un governo”, aveva dichiarato Sanchez a settembre.
Le elezioni in Spagna del 10 novembre 2019 saranno le quarte elezioni in quattro anni. Il paese è senza governo dal 28 aprile scorso. Da quattro anni il paese non riesce ad avere una maggioranza stabile e le urne restituiscono risultati molto frammentati.
I risultati delle precedenti elezioni
Alla tornata elettorale del 28 aprile 2019 si recarono alle urne il 75,78 per cento degli aventi diritto, 9,03 punti percentuali in più rispetto alle elezioni precedenti del 26 giugno 2016. Qui i seggi assegnati a ciascun partito al Congresso dei deputati, formato in tutto da 350 deputati:
Partito Socialista Operaio Spagnolo: 123 seggi
Partito Popolare: 66 seggi
Ciudadanos: 57 seggi
Unidos Podemos: 35 seggi
Vox: 24 seggi
Sinistra Repubblicana di Catalogna – Sovranisti: 15 seggi
En Comú Podem: 7 seggi
Junts per Catalunya: 7 seggi
Partito Nazionalista Basco: 6 seggi
Euskal Herria Bildu: 4 seggi
Coalizione Canaria – Partito Nazionalista Canario: 2 seggi
Navarra Suma: 2 seggi
Compromís (Blocco Nazionalista Valenciano): 1 seggio
Partido Regionalista de Cantabria: 1 seggio
• Elezioni Spagna: la mappa dei risultati elettorali del 2016 e del 2019 a confronto
Qui invece la distribuzione dei 208 seggi assegnati in Senato:
Partito Socialista Operaio Spagnolo: 121 seggi
Partito Popolare: 56 seggi
Sinistra Repubblicana di Catalogna – Sovranisti: 11 seggi
Partito Nazionalista Basco: 9 seggi
Ciudadanos: 4 seggi
Navarra Suma (UPN): 3 seggi
PDeCAT: 2 seggi
Euskal Herria Bildu (EA): 1 seggio
ASG: 1 seggio
Elezioni Spagna 2019: i candidati
I partiti candidati alle elezioni anticipate spagnole sono più o meno gli stessi delle elezioni di aprile 2o19. I leader delle principali formazioni politiche, e che quindi potrebbero ricevere l’incarico di formare un governo a seconda dei risultati delle urne sono Pedro Sanchez, 47 anni, premier da giugno 2018, e segretario del PSOE (Partito Socialista); Pablo Casado, presidente del PP (Partito Popolare); Pablo Iglesias, 40 anni, fondatore e leader di Podemos, principale partito di sinistra radicale; Albert Rivera, 39 anni, presidente dei centristi di Ciudadanos; Santiago Abascal, 43 anni, ex Popolare, sovranista ed euroscettico, a capo di Vox.
Il partito dell’attuale presidente del governo con ogni probabilità otterrà anche stavolta il maggior numero di seggi, ma sarà lontano dalla maggioranza assoluta. Pedro Sanchez, economista e docente universitario, fa parte del PSOE dal 1993. Nel 2014 ne è diventato segretario generale. Un primo incarico per formare un governo gli fu affidato nel 2016, tentativo poi fallito.
Pablo Casado è a capo del Partito Popolare dal luglio 2018, dopo aver preso il posto di Mariano Rajoy alla guida del principale partito di centrodestra. È contrario alle nozze omosessuali, all’adozione di bambini da parte di coppie gay, alla liberalizzazione delle droghe. Casado punta molto sull’unità della Spagna, nettamente contrario alle posizioni degli indipendentisti catalani, con la difesa dell’articolo 155 della Costituzione che consente al governo di controllare direttamente le autorità di una Comunità autonoma, in caso di violazioni di disposizioni costituzionali.
Pablo Iglesias, docente di scienze politiche a Madrid, fondatore nel 2014 di Podemos, è il massimo esponente della sinistra radicale spagnola. Da giovane fu attivista comunista e no global, la sua formazione, Podemos, è stata la prima a rompere lo schema bipartitico Socialisti-Popolari. Iglesias ha già fatto fallire l’accordo con il PSOE nelle precedenti consultazioni.
Albert Rivera, a capo di Ciudadanos dal 2006, è il capo di una formazione liberale che guarda a destra e vuole difendere gli interessi del ceto medio e dei lavoratori autonomi, lottare per una riduzione delle tasse, arrivare ad un Paese unito ponendo fine agli scontri da guerra civile con i secessionisti.
Santiago Abascal è il leader del partito politico che sta catturando in queste settimane maggiore attenzione. Vox, formazione di estrema destra in ascesa come dimostrato da risultati di elezioni locali, ha apertamente lanciato la sfida al Partito Popolare, per erodere consensi ed essere decisiva per l’eventuale formazione di un esecutivo a guida PP. Abascal e i suoi hanno posizioni ultraconservatrici, estreme sull’immigrazione: vorrebbero l’espulsione dei migranti senza documenti, dicono no all’aborto, sono antifemministi, chiedono di ridurre la stretta sul possesso di armi e di allargare i confini della legittima difesa.
Come si vota in Spagna: il sistema elettorale
Il sistema elettorale in vigore in Spagna per l’elezione del Congresso – formato da 35o seggi – è un proporzionale corretto con liste bloccate, che ha l’obiettivo da un lato di restituire il bipartitismo, e dall’altro di garantire la rappresentanza dei partiti regionali. Il sistema partitico spagnolo è caratterizzato da pochi grandi partiti nazionali, come popolari, socialisti, centristi di Ciudadanos e socialdemocratici di Podemos in primis, e una lunga serie di partiti regionali come la Sinistra Repubblicana di Catalogna, il partito nazionalista basco, il blocco nazionalista valenciano, e molti altri.
Il territorio nazionale è diviso in 52 circoscrizioni plurinominali, che corrispondono alle province. Ogni circoscrizione elegge un numero diverso di deputati: da 1 di Ceuta e Melilla (le enclavi spagnole in Marocco) agli oltre 30 di Barcellona o Madrid. La media nazionale è di 7 seggi per circoscrizione. I seggi vengono assegnati proporzionalmente a ciascun partito con il metodo con il metodo D’Hondt.
La legge elettorale spagnola prevede anche una soglia di sbarramento del 3 per cento a livello circoscrizionale. Le liste sono “bloccate”, senza voto di preferenza, ma le liste si compongono comunque di un numero bassi di candidati.
Il Senato si compone invece di 266 membri eletti per 4 anni con un sistema misto: 208 vengono eletti direttamente con un sistema derivato dal maggioritario in 60 circoscrizioni plurinominali che corrispondono alle province. Ciascuna circoscrizione elegge 3 o 4 senatori (Ceuta e Melilla ne eleggono 2 ciascuna). I restanti 58 senatori sono eletti indirettamente dalle Assemblee legislative delle Comunità autonome sulla base di un sistema maggioritario attenuato.
Dopo le elezioni, tenuto conto del risultato delle urne, il re di Spagna Felipe VI, propone un candidato per la Presidenza del Governo, che dovrà avviare le consultazioni per la formazione del nuovo esecutivo. È in questa fase che il tentativo di Sanchez dopo le scorse elezioni si è arenato, non riuscendo mai ad ottenere la fiducia del parlamento. Se, al contrario, il presidente del governo incaricato dal Re riesce a ottenere la fiducia del Congresso dei deputati, viene nominato dal sovrano, di fronte al quale presterà giuramento.
Elezioni Spagna 2019: i sondaggi
Questo grafico del quotidiano spagnolo El Mundo mostra come potrebbero cambiare rispetto 6 mesi fa i risultati elettorali. I seggi destinati ai socialisti di Sanchez dovrebbero rimanere più o meno gli stessi, con un aumento del consenso per i popolari e i centristi di Ciudadanos una diminuzione per Vox. Con ogni probabilità neanche questa volta i partiti riusciranno a superare la soglia della maggioranza assoluta fissata a 176 seggi. Qui il dettaglio, partito per partito: