Elezioni presidenziali Uruguay, il risultato del ballottaggio
Non solo Hong Kong, domenica 24 novembre 2019, infatti, è stata una giornata di elezioni anche in Uruguay, dove si è votato per il ballottaggio delle presidenziali dopo il primo turno dello scorso 27 ottobre.
In quell’occasione, infatti, nessuno dei quattro candidati era riuscito a ottenere il 50 per cento più uno dei voti, necessari secondo la legge elettorale del Paese sudamericano per eleggere già al primo turno il nuovo presidente. Così, si è dovuto procedere al ballottaggio tra i due candidati più votati: l’ex sindaco di Montevideo Daniel Martínez per il centrosinistra e Luis Lacalle Pou per il centrodestra.
I risultati del voto
Secondo quanto affermato dalla Corte elettorale dell’Uruguay il vincitore del ballottaggio delle elezioni presidenziali in Uruguay non potrà essere ufficializzato prima di 4 o 5 giorni, ovvero prima di giovedì o venerdì.
Quando lo scrutinio era giunto al 97,50% dei voti espressi, infatti, il candidato del centrodestra Lacalle Pou aveva raccolto 1.140.995 voti, mentre quello del Frente Amplio di centro-sinistra Martinez ne aveva raccolti 1.108.418, con una differenza di appena 32.577 voti.
Questo vantaggio, ha precisato la Corte, dovrà essere completato con l’esame di alcune decine di migliaia di voti “osservati” che saranno scrutinati nei prossimi giorni. Ecco perché al momento non può essere ufficializzato il nome del prossimo presidente dell’Uruguay.
Elezioni presidenziali in Uruguay, i due candidati al ballottaggio
Come già anticipato, a giocarsi la possibilità di essere eletto nuovo presidente dell’Uruguay erano Daniel Martínez e Luis Lacalle Pou.
Daniel Martinez, 62 anni, è l’ex sindaco della Capitale Montevideo ed ex ministro dell’Industria. È il candidato della coalizione di centrosinistra Frente Amplio (formata da socialdemocratici, comunisti ed ex membri della guerriglia contro la dittatura), attualmente al potere con il presidente Tabaré Vazquez e al governo da ben 15 anni nel Paese sudamericano. Al primo turno, Martinez era stato il candidato più votato, con il 39,02 per cento. Alle elezioni parlamentari, che si sono svolte lo stesso giorno, il Frente Amplio ha invece perso la maggioranza dei seggi.
Nel corso della sua campagna elettorale, Martinez si è rivolto soprattutto alle fasce meno abbienti della popolazione, la cui condizione negli ultimi anni è migliorata sensibilmente. Nei loro confronti, ha promesso di continuare a sostenere misure di lotta alla povertà. Le stesse che negli ultimi 15 anni hanno ridotto la povertà assoluta di due terzi.
Luis Lacalle Pou, invece, ha 46 anni ed è il leader conservatore del Partido Nacional. Figlio di un ex presidente uruguaiano, nonostante al primo turno abbia ottenuto “solo” il 28,62 per cento, Lacalle Pou è stato bravo a stringere alleanze con gli altri due partiti, quello di Centro (Partido colorato) e Cabildo abierto (destra), che gli hanno garantito il loro sostegno al ballottaggio.
In campagna elettorale, Luis Lacalle Pou ha promesso misure di austerità contro l’inflazione e per migliorare il costo della vita. I suoi toni sono stati molto duri nei confronti del governo precedente a guida Frente Amplio, accusato di aver speso troppi soldi pubblici e di aver imposto tasse troppo alte alle imprese, senza riuscire a stimolare l’occupazione.
I sondaggi della vigilia e la situazione politica in Uruguay
Proprio in virtù dell’alleanza già annunciata con il Partido colorato e Cabildo abierto, secondo i sondaggi della vigilia era proprio Luis Lacalle Pou il candidato numero uno alla vittoria finale al ballottaggio in Uruguay. Le previsioni dei quattro principali istituti di sondaggio, infatti, hanno fissato in circa sei punti percentuali il margine che avrebbe portato alla vittoria del candidato di centrodestra.
Del resto, nel corso della campagna elettorale – trascorsa, a differenza di altri Paesi sudamericani come Bolivia, Venezuela, Brasile e Cile, in un clima di sana competizione non violenta – era già emerso il desiderio dell’elettorato uruguaiano di assistere ad una alternanza politica, in un momento di piena difficoltà per l’economia uruguaiana e soprattutto in cui c’è una crescente percezione di insicurezza. Basti pensare che tra il 2018 e il 2019 gli omicidi sono aumentato del 50 per cento.
L’Uruguay è uscito dalla dittatura nel 1985. In poco più di trent’anni di democrazia è riuscito però a costruire un sistema politico molto stabile, a differenza di tanti altri Paesi del Sud America. E ci è riuscito soprattutto nel corso della presidenza di José Mujica, soprannominato “il presidente più povero del mondo” per il suo stile di vita molto contenuto, in contrasto con gli eccessi della politica.
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