Domenica 8 novembre si sono svolte in Croazia le prime elezioni parlamentari da quando il Paese è entrato a far parte dell’Unione europea.
I cittadini hanno votato per assegnare i 151 seggi a disposizione in parlamento. Le elezioni sono state indette lunedì 5 ottobre dalla presidentessa Kolinda Grabar-Kitarovic, eletta nel gennaio ed esponente dell’Unione Democratica Croata (Hdz), il partito guidato da Tomislav Karamarko, ex capo dell’intelligence croata.
I democratici sono impegnati in un testa a testa con il Partito Socialdemocratico di Croazia (Sdp), gruppo politico attualmente al potere con il primo ministro Zoran Milanovic. Tuttavia, il divario tra i due partiti si è assottigliato nelle ultime settimane.
Lo schieramento di Milanovic ha guadagnato voti negli ultimi mesi grazie ai passi in avanti fatti dal Paese in materia di crisi economica, alla sua gestione del flusso dei migranti in arrivo in Europa e alla decisione di limitare la possibilità delle banche di speculare, imponendo una tassa sul cambio svizzero.
In base ad un sondaggio pubblicato domenica 8, all’Hdz andrebbe il 32,9 per cento dei voti, contro il 31,9 dell’Sdp. In base alle stime, nessun partito otterrebbe la maggioranza assoluta dei seggi e potrebbe essere necessario creare un governo di coalizione.
I due partiti hanno basato la propria campagna elettorale sui differenti metodi di gestione dei migranti nel Paese. Da quando l’Ungheria ha chiuso le frontiere con la Serbia, la Croazia è diventata uno dei principali stati di transito per i rifugiati che da Siria, Iraq e Afghanistan vogliono raggiungere il nord Europa.
Il ministro degli Interni croato Ranko Ostojic ha affermato che oltre 320mila migranti avrebbero varcato le frontiere del Paese solo nell’ultimo anno e che la Croazia spenderebbe il corrispondente di 272mila euro al giorno per gestirne l’afflusso.
Gli analisti sostengono che il primo ministro Zoran Milanovic e il Partito Socialdemocratico abbiano guadagnato consensi grazie alla gestione compassionevole della crisi dei rifugiati, che si oppone al pugno di ferro del leader del partito di opposizione Karamarko, che ha suggerito di impiegare l’esercito e di costruire recinzioni per ridurre il numero di arrivi in Croazia.
Il prossimo governo croato dovrà fare i conti con un’economia debole: la disoccupazione si aggira intorno al 15,4 per cento (il terzo tasso più alto nell’Unione europea dopo la Grecia e la Spagna) e in particolare quella giovanile è del 43,1 per cento (sempre al terzo posto in Europa). Il Paese dovrà impegnarsi ad attuare riforme che consentano di superare gli ultimi sei mesi di recessione.
A tal proposito, l’Unione Democratica ha promesso che, se il partito vincerà le elezioni, verrà garantita una crescita dell’economia del 5 per cento entro la fine del mandato di quattro anni, senza specificare con che misure intendano raggiungere questo obiettivo.
La Croazia è entrata a far parte dell’Unione europea nel 2013. Dopo essersi proclamato indipendente dalla Iugoslavia nel 1991, il Paese è stato attraversato da violenti conflitti fino al 1998.
Ufficialmente denominata Repubblica di Croazia, ha una popolazione di 4,5 milioni di persone e la capitale è Zagabria. Occupa la maggior parte della costa orientale del mare Adriatico e confina con la Bosnia ed Erzegovina, l’Ungheria, il Montenegro, la Serbia e la Slovenia.