In Alabama le elezioni suppletive per assegnare il seggio al Senato lasciato libero da Jeff Sessions, nominato procuratore generale all’inizio del 2017, sono state vinte da Doug Jones, il primo senatore democratico eletto nella roccaforte repubblicana dopo più di 20 anni.
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Una vittoria al fotofinish per Jones, che ha conquistato il 49,9 per cento dei voti contro il 48,4 per cento ottenuto dal suo rivale, il repubblicano ex giudice Roy Moore.
Nel discorso di vittoria davanti ai suoi sostenitori, Jones ha detto che tutta la sua corsa elettorale si è basata su “dignità e rispetto”.
“La legalità è stata al centro della nostra campagna. Ci siamo impegnati affinché tutti gli abitanti dell’Alabama avessero un trattamento equo”, ha detto il nuovo senatore democratico dell’Alabama.
L’ex vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden ha espresso le sue congratulazioni a Jones tramite un tweet: “Grazie Alabama. Avete scelto un uomo dall’incredibile integrità, coraggio e carattere. Una persona che combatterà per i lavoratori e la middle class. Saprà rendervi orgogliosi in Senato”.
Doug Jones. Thank you, Alabama. You’ve elected a man of incredible integrity, grit, and character. A fighter for working class and middle class Alabamians. He is going to make you proud in the Senate.
— Joe Biden (@JoeBiden) 13 dicembre 2017
Il margine tra i due è superiore al mezzo punto percentuale necessario per chiedere il riconteggio dei voti. Nonostante questo, però, Moore ha annunciato di non voler ancora riconoscere la sconfitta, al contrario del presidente Donald Trump che si è già congratulato con Doug Jones: “I repubblicani avranno la possibilità di conquistare un altro seggio molto presto”, ha scritto su Twitter.
Congratulations to Doug Jones on a hard fought victory. The write-in votes played a very big factor, but a win is a win. The people of Alabama are great, and the Republicans will have another shot at this seat in a very short period of time. It never ends!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 13 dicembre 2017
Le elezioni in Alabama erano decisive per il loro ruolo simbolico di test per verificare la popolarità dell’amministrazione Trump, che a settembre era ferma al 39 per cento secondo un sondaggio realizzato da Abc e Washington Post citato da Reuters.
Con la vittoria di Doug Jones la maggioranza dei repubblicani al Senato si riduce a un pericoloso 51 contro 49, che dà all’opposizione dei democratici e a quella interna al Partito repubblicano un significativo potere di veto prima delle elezioni di metà mandato nel 2018.
La campagna elettorale di Roy Moore è stata offuscata dalle accuse di molestie sessuali nei confronti di alcune minorenni tra gli anni Settanta e Ottanta e dalle contestate posizioni molto dure nei confronti di immigrati e omosessuali.
Diverse donne hanno detto di essere state molestate da Moore quando erano adolescenti. All’epoca dei fatti il politico repubblicano, che ha negato qualsiasi tipo di responsabilità, aveva invece 30 anni.
La vittoria di Moore alle primarie dello scorso settembre aveva spaccato lo stesso Partito repubblicano. Molti esponenti importanti, come il leader della maggioranza al Senato Mitch McConnell e il senatore Richard Shelby, hanno preso le distanze dal candidato.
Tra chi ha contestato Moore c’è anche Condoleezza Rice, l’ex segretario di Stato repubblicana nata in Alabama che ha invitato gli elettori a “respingere l’intolleranza, il sessismo e il fanatismo”.
Tra i maggiori sostenitori di Roy Moore, invece, c’era Steve Bannon, l’ex capo stratega della Casa Bianca che ha descritto il voto in Alabama come lo scontro decisivo tra le due anime del Partito repubblicano.
Roy Moore ha posto al centro della sua campagna elettorale i valori cristiani: “Voglio far tornare grande l’America, proprio come il presidente Trump. Voglio l’America grande, ma la voglio anche buona. E non può essere buona fino a quando non torneremo nella grazia di Dio”, ha detto il candidato repubblicano nel corso di uno dei suoi comizi.