Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha ratificato una nuova legge che aumenta i controlli su internet e consente alle autorità di bloccare i siti web che vengono ritenuti una minaccia alla sicurezza nazionale o all’economia del paese.
La legge è stata presentata come un provvedimento contro i crimini informatici, per ostacolare l’instabilità e il terrorismo, ma gruppi di attivisti per i diritti umani sostengono che si tratti dell’ennesima mossa del governo per reprimere il dissenso nel paese.
L’Associazione per la libertà di pensiero ed espressione, con sede al Cairo, riferisce che già più di 500 siti sono stati bloccati in Egitto prima dell’introduzione di questa nuova legge.
Chiunque sia ritenuto colpevole di gestire, o anche solo visitare, questi siti web, potrebbe essere condannato a una multa o al carcere, come spiega la Bbc.
Dopo il divieto di manifestazioni in Egitto, internet rimane uno degli ultimi spazi dove i cittadini possono esprimere il proprio dissenso.
A luglio 2018 il parlamento egiziano ha approvato un’altra legge per regolamentare l’uso dei social media, che entrerà in vigore solo se sarà firmata dal presidente.
La norma prevede che tutti gli utenti con più di 5mila follower, su Twitter e su Facebook, possano essere posti sotto la supervisione del Consiglio supremo per il regolamento dei media, un organismo istituito da un decreto presidenziale nel 2017.
Da allora, come denunciato da diverse ong, il Consiglio avrebbe violato la libertà di stampa deferendo numerosi operatori del media all’ordine dei giornalisti per sottoporli a provvedimento disciplinari.
L’organismo sarebbe autorizzato a sospendere o bloccare qualsiasi profilo personale che “pubblica o trasmette notizie false o che incita a violare la legge, alla violenza o all’odio”.
Negli ultimi mesi il governo egiziano ha arrestato attivisti e giornalisti, tra cui il blogger e difensore dei diritti umani Wael Abbas, il comico Shady Abu Zaid, e Amal Fathy, attivista impegnata per il rispetto dei diritti civili in Egitto.
Amal Fathy è la moglie di Mohamed Lotfy, responsabile della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (ECRF), nonché legale e sostenitore dei Regeni al Cairo. Il 13 agosto l’arresto di Fathy è stato rinnovato da un tribunale del Cairo, in una causa che la vede imputata per i reati di “adesione a un gruppo terrorista”, “diffusione di notizie false e dicerie per danneggiare la sicurezza pubblica e gli interessi nazionali” e “uso di Internet per istigare a compiere atti di terrorismo”.
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