Una persona anonima da giorni starebbe inviando mail al quotidiano italiano La Repubblica in cui accusa i massimi vertici degli apparati di sicurezza egiziani per la morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano scomparso al Cairo il 25 gennaio e ritrovato senza vita il 3 febbraio con evidenti segni di torture. A riportarlo è lo stesso quotidiano italiano.
Il racconto dell’anonimo che dice di far parte della polizia segreta egiziana, secondo il quotidiano sarebbe credibile perché solo una persona a conoscenza dei fatti poteva dare informazioni di questo tipo, in particolare sulle torture.
LA MAIL
Scrive l’anonimo: “L’ordine di sequestrare Giulio Regeni è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza”. Nella caserma di Giza, Giulio “viene privato del cellulare e dei documenti e, di fronte al rifiuto di rispondere ad alcuna domanda in assenza di un traduttore e di un rappresentante dell’Ambasciata italiana”, viene pestato una prima volta. Quindi, tra il 26 e il 27 gennaio, viene trasferito “in una sede della Sicurezza Nazionale a Nasr City”.
Ma Giulio continua a non voler parlare senza l’assistenza della nostra ambasciata. È allora che iniziano le torture. Ma il ricercatore italiano non cede. Il ministro dell’Interno decide di investire della questione “il consigliere del Presidente, il generale Ahmad Jamal ad-Din, che, informato Al Sisi, dispone l’ordine di trasferimento dello studente in una sede dei Servizi segreti militari, anche questa a Nasr city, perché venga interrogato da loro”. Le torture continuano finché Giulio non crolla “e a nulla valgono i tentativi dei medici militari di rianimarlo”.
Dopo la sua morte, “in una riunione tra Al Sisi, il ministro dell’Interno, i capi dei due Servizi segreti, il capo di gabinetto della Presidenza e la consigliera per la sicurezza nazionale Fayza Abu al Naja”, viene deciso “di far apparire la questione come un reato a scopo di rapina a sfondo omosessuale e di gettare il corpo sul ciglio di una strada”. Nella notte il cadavere viene trasferito dall’ospedale militare di Kobri a bordo di un’ambulanza scortata dai Servizi segreti e lasciato lungo la strada Cairo-Alessandria.
CHI È IL GENERALE SHALABI
Condannato nel 2003 da un tribunale di Alessandria per aver torturato a morte un uomo e falsificato i rapporti della polizia, ma reintegrato dopo la sospensione della sentenza, è capo della polizia criminale e del dipartimento investigativo di Giza e l’alto ufficiale della Sicurezza nazionale incaricato del caso Regeni.
Sarebbe lui, secondo il quotidiano La Stampa, l’uomo scelto dal presidente egiziano Al Sisi sui cui scaricare l’intera responsabilità del barbaro omicidio. Secondo il quotidiano torinese, gli inquirenti egiziani attesi stasera in Italia per l’incontro con i magistrati italiani, porteranno non solo il corposo dossier sulle indagini, ma anche il suo nome da sacrificare per mettere a tacere le domande di giustizia sollevate dall’Italia.
ITALIA MINACCIA MISURE “IMMEDIATE E PROPORZIONATE”
E in attesa dell’arrivo domani degli inquirenti egiziani a Roma, l’Italia minaccia “misure immediate e proporzionate” se il governo egiziano non fornirà la piena cooperazione: “Ci fermeremo solo quando troveremo la verità, quella vera e non di comodo”, ha dichiarato questa mattina in aula al Senato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.
Il presidente della commissione parlamentare straordinaria per la tutela dei diritti umani Luigi Manconi il mese scorso aveva chiesto all’Italia di ritirare il proprio ambasciatore per consultazioni e dichiarare l’Egitto paese a rischio per i turisti italiani.