Il presidente delle Filippine Rodrigo Duterte non rinuncia alla sua guerra alla droga e annuncia che firmerà un decreto per autorizzare le forze armate a combattere il narcotraffico, giovedì 2 febbraio 2017.
Duterte, noto per le sue esternazioni controverse e spesso criticato dalla comunità internazionale per il suo presunto disprezzo dei diritti umani, ha anche detto che non esiterà a uccidere altre persone se dovrà farlo.
Il presidente delle Filippine ha escluso di dichiarare la legge marziale e ha assicurato di non aver bisogno di poteri straordinari, ma non potendosi più fidare delle forze dell’ordine ha deciso di rivolgersi ai militari.
Le operazione antidroga infatti sono state sospese lunedì 31 gennaio in attesa di ripulire i ranghi della polizia dagli elementi corrotti dopo il rapimento e l’omicidio da parte di alcuni agenti di un uomo d’affari sudcoreano.
Da quanto il controverso presidente delle Filippine è salito al potere il 30 giugno del 2016, oltre 7mila persone sono rimaste uccise nel corso del giro di vite sul traffico di droga nel paese. Si tratta per lo più di uccisioni extra giudiziali di piccoli spacciatori che hanno attirato le critiche dei gruppi per la difesa dei diritti umani.
Amnesty International ha accusato la polizia delle Filippine di aver sistematicamente pianificato tali uccisioni: in un rapporto diffuso il 31 gennaio 2017, il gruppo afferma che queste esecuzioni potrebbero rappresentare “crimini contro l’umanità” e che le forze dell’ordine hanno agito come i criminali che dovrebbero combattere, accettando denaro per commettere omicidi e compiendo diversi gravi abusi, specialmente nei confronti delle fasce più svantaggiate della società.
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