Due organizzazioni non governative israeliane hanno fatto ricorso mercoledì 8 febbraio 2017 contro il provvedimento adottato dalla Knesset lunedì 6 febbraio che legalizza circa duemila insediamenti ebraici costruiti su terreni privati palestinesi in Cisgiordania in cambio di un indennizzo. Secondo i ricorrenti, la legge varata dal parlamento israeliano è contraria al diritto internazionale e al diritto umanitario e pertanto incompatibile con il sistema legale d’Israele. A esprimersi sulla questione sarà la Corte Suprema di Gerusalemme.
Il ricorso è stato presentato da Adalah (una Ong per la difesa dei diritti della minoranza araba in Israele) e dal Centro di Gerusalemme per i diritti umani. Essi sostengono che la legge violi il diritto di proprietà dei palestinesi residenti in Cisgiordania. Essi si trovano infatti esposti al rischio di essere privati delle proprie terre a beneficio dei coloni israeliani “sulla base di una ideologia etnica”, e senza strumenti legali per difendersi.
“Lo scopo dichiarato ed evidente della legge”, affermano i ricorrenti, “è la volontà di preferire gli interessi di questo gruppo” a discapito della comunità palestinese. Al ricorso si sono associati 17 enti locali palestinesi della Cisgiordania che hanno documentato la presenza di colonie su terreni privati palestinesi.
Il quotidiano Maariv ha reso noto che anche il consigliere legale del governo Avichay Mandelblit potrebbe decidere di sostenere l’iniziativa e opporsi alla nuova legge.
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