L’onda d’urto della vittoria di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti è arrivata anche in Iran e immediate sono state le reazioni da parte del governo di Teheran.
Il ministro degli Esteri, Mohammad Javad Zarif, (in visita ufficiale in tre paesi dell’Europa orientale) ha dichiarato ai giornalisti mercoledì 9 novembre che il nuovo presidente ha il dovere di rispettare gli obblighi che gli Stati Uniti hanno intrapreso con la Repubblica islamica dell’Iran in virtù del programma nucleare iraniano.
Il timore che gli accordi raggiunti il 14 luglio del 2015 possano venire meno non è così irreale. “Noi non interferiamo negli affari interni di altri paesi”, ha ribadito Zarif ai giornalisti.
“Questa è stata la scelta del popolo americano. Ma chi siede alla Casa Bianca deve assumersi la responsabilità di seguire i processi di sviluppo del mondo con un approccio realistico”.
Pur non esistendo alcuna relazione politica fra Teheran e Washington, per Zarif il neo eletto presidente degli Stati Uniti Trump è obbligato ad attuare ciò che il suo paese ha accettato come un impegno internazionale e multilaterale, nel pieno rispetto dell’accordo.
Esiste sul serio questo rischio? Secondo molti esperti l’ipotesi che lo storico accordo sul nucleare sottoscritto da Teheran con le potenze internazionali possa essere minacciato non è da escludere a priori. Non si può dire con certezza che la nuova amministrazione guidata da Donald Trump possa adottare in futuro misure per cui gli impegni intrapresi dalle due parti possano venire meno.
L’accordo sul programma nucleare iraniano raggiunto con il supporto degli sforzi negoziali da parte degli Stati Uniti con le potenze internazionali e la Repubblica islamica dell’Iran, è stato applaudito dagli alleati ma pesantemente criticato dal Congresso e in particolare da numerosi deputati repubblicani.
Lo stesso Donald Trump, nel corso della campagna elettorale, si era pronunciato su questo tema affermando che la sua priorità in caso di vittoria sarebbe stata proprio quella di smantellare “l’affare disastroso con l’Iran”.
Queste dichiarazioni risalgono allo scorso 21 marzo 2016, durante un intervento del candidato repubblicano davanti al gruppo di pressione americano American Israel Pubblic Affairs Committee (Aipac), noto per il forte sostegno allo stato di Israele e considerato il più potente e influente gruppo d’interesse a Washington.
La preoccupazione sul futuro dell’accordo sul nucleare si cela nelle parole del ministro degli Esteri. Sulla stessa linea di Zarif si è posizionato anche il presidente iraniano, Hassan Rouhani, che aveva spinto in questa direzione al fine di garantire un’apertura all’economia nazionale del paese soffocata dalle sanzioni occidentali.
“L’importanza di questo accordo risiede nel fatto che non sia stato sottoscritto da un singolo paese o da un governo, ma è stato approvato da una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e non vi è alcuna possibilità che possa essere modificato da un singolo governo”, ha dichiarato Rouhani alla TV di stato iraniana.
Nel corso della sua lunga e combattuta campagna elettorale, Trump aveva spesso richiamato l’attenzione sulla questione iraniana ritenendo il raggiungimento di questa intesa “il peggior affare mai negoziato”, utilizzando anche parole forti come “olocausto nucleare”. Tuttavia, non sono passate inosservate le sue numerose contraddizioni in merito all’argomento.
Da un lato, Trump ha dichiarato di voler rinegoziare un accordo migliore con restrizioni più rigide, ma dall’altro lato, paradossalmente ha criticato le sanzioni ancora in vigore che impediscono alle imprese americane di fare affari con l’Iran.
(Qui sotto un video raccoglie le reazioni dei cittadini iraniani alla notizia della vittoria di Trump)