Due donne yazide hanno vinto il premio Sakharov per la libertà di pensiero 2016, istituito dal Parlamento nel 1988 allo scopo di premiare personalità e organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani e delle libertà individuali.
Giovedì 27 ottobre, a ricevere il riconoscimento sono state Nadia Murad e Lamiya Aji Bashar, due giovani ragazze appartenenti alla minoranza religiosa yazida rapite nel 2014 insieme ad altre migliaia di ragazze e costrette alla schiavitù sessuale dai miliziani dell’Isis.
Entrambe sono riuscite a sopravvivere e a fuggire via. Oggi il loro impegno è focalizzato essenzialmente sull’aiuto e il sostegno fornito alla comunità yazida, in particolare alle donne che hanno subito il loro stesso tragico destino.
Il premio viene assegnato ogni anno in memoria di Andrei Sakharov, uno scienziato sovietico e dissidente politico.
– Nadia Murad
Il 16 settembre scorso, Nadia Murad aveva ricevuto un importante riconoscimento per il suo impegno umanitario al Palazzo di Vetro di New York. La giovane 21enne era stata nominata “Ambasciatrice di Buona Volontà dell’Onu per la dignità dei sopravvissuti alla tratta degli esseri umani” conferitale dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc).
Si è trattata della prima onorificenza assegnata a una vittima dei miliziani del sedicente Stato Islamico, in occasione della Giornata internazionale della Pace.
Da diversi mesi, la giovane curda è impegnata in un’infaticabile attività per sensibilizzare la comunità internazionale sulla tragedia che ha colpito il suo popolo.
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– Lamiya Aji Bashar
Lamiya Aji Bashar ha diciotto anni e per due anni è stata costretta ad asservire gli uomini del Califfato come schiava sessuale. I segni e le cicatrici di ciò che la giovane donna ha dovuto subire solcano visibilmente il suo volto. Ha perso l’occhio destro, dal sinistro vede poco e molti membri della sua famiglia sono stati trucidati.
“Mi hanno catturata il 15 agosto nel villaggio di Kocho. Ci hanno radunati nella scuola del villaggio. Hanno portato via gli uomini e non sappiamo cosa ne hanno fatto. Poi hanno portato le giovani a Mosul e le nostre madri e le donne sposate a Tal Afar. Neanche a loro sappiamo cosa sia successo”, ha raccontato la giovane yazida.
“Un uomo mi ha portata a Raqqa, in Siria. Era un iracheno e sono stata con lui un mese. Da lì ho provato a scappare due volte, ma mi hanno presa entrambe mi hanno picchiata forte. E mi hanno fatto cose orrende. Dopo di ciò, mi hanno venduta a un altro uomo, a Mosul. Anche lui iracheno. Il suo nome è Abu Rami. Sono stato con la sua famiglia due mesi. Erano veramente persone orribili”, ha ricordato ancora Lamiya Aji Bashar.
Il racconto prosegue con altri particolari sconcertanti: “Mi hanno venduta a un altro uomo di Mosul, che fabbrica bombe. Realizza autobombe e cinture esplosive. Ho vissuto con lui per due mesi. Ho provato a fuggire anche da lui. E mi ha catturata. Mi ha picchiata. Mi ha fatto di tutto. Mi obbligava anche ad aiutarlo nel suo ‘lavoro’”.
Dopo quattro tentativi di fuga falliti, Lamiya Aji Bashar è riuscita a raggiungere le zone controllate dai curdi e mettersi in salvo. Attualmente la giovane vive in Germania dove segue un programma di recupero.
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