Migliaia di donne sono scese per le strade e le piazze di numerosi quartieri di Caracas, in Venezuela, vestite di bianco e con un fiore in mano, per protestare contro il presidente Nicolas Maduro e la repressione messa in atto dal governo contro gli oppositori. La manifestazione è stata organizzata sabato 6 maggio e ha visto una partecipazione attiva delle donne che, a suon di coperchi di tegami sbattuti e con indosso camicie e maglie rigorosamente bianche, hanno fatto sentire la loro voce.
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La protesta è stata soprannominata “la marcia delle donne contro la repressione” attuata nell’ultimo periodo dal governo venezuelano contro gli oppositori. Le manifestanti partite da piazza Brion, nel quartiere Chicaito, hanno scandito l’inno nazionale e hanno urlato slogan del tipo: “Chi siamo? Il Venezuela, cosa vogliamo? La libertà!”. Molte di loro indossavano indumenti bianchi, altre marciavano in topless.
Tra le sostenitrici della protesta c’è anche Lilian Tintori, moglie del leader del partito centrista venezuelano, Voluntad Popular, Leopoldo Lopez, che ha dato il suo sostegno alla marcia. “Il regime è a pezzi”, ha detto la donna appostata all’esterno della prigione dove è rinchiuso suo marito, alle porte della capitale. La manifestazione era stata annunciata proprio da quest’ultima, la quale aveva invitato le altre donne a scendere in piazza “senza uomini e senza armi”, vestite di bianco e con un fiore in mano.
Le donne in piazza hanno chiesto a gran voce che si “restituisca la democrazia al paese”. “Ecco ci qua, siamo le mamme del Venezuela”, ha dichiarato una di loro, assicurando che le proteste proseguiranno sino alla “fine della tirannia”.
¡Las mujeres estamos resteadas y seguimos resistiendo en paz! https://t.co/NO8XcHikQO
— Lilian Tintori (@liliantintori) 6 maggio 2017
#6May #EnImágenes Fuertes, con llanto y hasta semidesnudas, las mujeres venezolanas manifestaron contra el régimen https://t.co/W72dXyTaNM pic.twitter.com/IKAe0odGM5
— NTN24 Venezuela (@NTN24ve) 7 maggio 2017
Le manifestazioni si sono poi allargate coinvolgendo anche i quartieri più poveri di Caracas, come Petare, considerati finora tra i più strenui sostenitori del presidente venezuelano. Immediate le reazioni del governo. Il ministro della Difesa venezuelano, Vladimir Padrino Lopez, ha denunciato il movimento di protesta e ha definito “terroristi” il leader dell’opposizione accusandoli di aver tentato di mettere a punto una specie di guerra non convenzionale contro il governo.
Da un mese le proteste scuotono il Venezuela, con i cittadini che chiedono nuove elezioni presidenziali e la creazione di un canale umanitario che consenta di aiutare il paese, colpito da una gravissima crisi economica, che non accenna a fermarsi. In questi 30 giorni di duri scontri tra manifestanti e forze di polizia, sono almeno 36 le persone che hanno perso la vita in diverse città del paese.
Tuttavia, le proteste non accennano a diminuire e la marcia di sabato ne rappresenta un esempio concreto: alcune donne che marciavano si sono avvicinate a dei soldati schierati in assetto antisommossa e hanno appuntato sul loro petto delle margherite, invitandoli a sostenere la loro causa. Una delle manifestanti si è poi rivolta a una soldatessa domandandole cosa avrebbe raccontato in futuro ai suoi figli di tutto ciò.
“Resteremo nelle strade il tempo necessario per raggiungere i nostri obiettivi”, in primo luogo le elezioni, ha detto in un’intervista Manuel Avendano, coordinatore della sezione internazionale del partito d’opposizione venezuelana ‘Voluntad Popular’, il cui leader è da oltre tre anni in carcere, condannato al termine di un processo giudicato da molti organismi internazionali una persecuzione politica.
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