Cinquecento donne venezuelane hanno attraversato il confine con la Colombia, chiuso da un anno, per cercare di procurarsi cibo e beni di prima necessità che scarseggiano in patria a causa di una grave crisi economica.
Le donne, provenienti dalla città di confine di Ureña, hanno marciato incontro alla Guardia Nazionale colombiana e hanno forzato il cordone di agenti schierati per impedire l’attraversamento del confine.
“Abbiamo deciso di attraversare il confine perché non abbiamo più cibo nelle nostre case, i bambini sono affamati e ci mancano beni di prima necessità”, ha spiegato una delle donne di Ureña al giornale locale La Opinion.
Una volta arrivate alla città di confine colombiana di Cucuta, hanno invaso i supermercati acquistando riso, zucchero, farina, olio e carta igienica, tutti prodotti difficili da trovare in Venezuela.
A causa del tasso di cambio sfavorevole tra il bolivar venezuelano e il peso colombiano, le donne sono state costrette a pagare i prodotti fino a dieci volte in più rispetto ai prezzi in patria.
Dopo aver finito lo shopping, le donne con le buste di plastica piene sono tornate ordinatamente in Venezuela cantando l’inno nazionale.
Il presidente del Venezuela Nicolas Maduro nell’agosto del 2015 aveva ordinato la chiusura temporanea dei duemila chilometri di frontiera tra i due paesi, imponendo un giro di vite sui contrabbandieri. Questi attraversavano infatti il confine per acquistare beni a prezzi stracciati grazie ai sussidi del Venezuela per rivenderli in Colombia con significativi guadagni.
Maduro aveva poi dichiarato lo stato di emergenza nelle province di confine e 1.300 cittadini colombiani che vivevano illegalmente in Venezuela erano stati rimpatriati. Si stima che altri 19mila colombiani abbiano abbandonato la nazione per paura di essere deportati, causando una breve crisi di immigrazione in Colombia e tensioni tra Caracas e Bogotà.
I ministri della difesa dei due paesi si sono incontrati una settimana fa per discutere un piano per il pattugliamento del confine nella speranza di poter riaprire la frontiera.
Negli ultimi due anni in Venezuela il crollo del prezzo del petrolio ha tolto al governo l’unica fonte di introiti utilizzata per mantenere il settore pubblico, nazionalizzare le imprese, difendere la moneta nazionale e controllare le importazioni.
Nella capitale Caracas mancano i beni di prima necessità, come farina, riso e pane, ma anche medicinali, e si è sviluppato un fiorente mercato nero parallelo in dollari. L’inflazione è arrivata al 200 per cento, e anche quando i prodotti sono disponibili, hanno raggiunto prezzi surreali.
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