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    Donne ed elezioni

    Il Consiglio dei Guardiani ha escluso tutte le candidate donne dalle elezioni presidenziali del 14 giugno

    Di Pamela Schirru
    Pubblicato il 11 Giu. 2013 alle 06:19 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 18:10

    Non ci sono donne tra i candidati alle presidenziali del 14 giugno prossimo in Iran.

    Il potente Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione, cui spetta il compito di controllare, vagliare, ammettere o escludere i candidati alla corsa elettorale, ha squalificato le 30 candidate che dal 7 all’11 maggio si erano registrate presso il Ministero degli Interni.

    Motivo? Secondo le dichiarazioni rilasciate dall’Ayatollah Mohammad Yazdi, membro religioso del Consiglio dei Guardiani, ci si è attenuti scrupolosamente a quanto scritto nell’articolo 115 della Costituzione iraniana del 1979, per cui il presidente deve essere scelto “fra le personalità di rilievo in campo religioso e politico”.

    A influire in maniera significativa sulla decisione del Consiglio pare sia stata proprio l’interpretazione letterale della norma, in particolare di un termine di origine araba “rijal”, che tradotto alla lettere significherebbe uomo e non personalità.

    Da qui il contenzioso: attenersi alla forma strettamente letterale del termine oppure alla sua accezione più ampia? Alla fine il Consiglio ha optato per l’interpretazione letterale della parola, escludendo a rigor di logica tutte le candidate femminili.

    La decisione del Consiglio di squalificare le donne, appellandosi ad una sottigliezza terminologica, ha attirato le critiche delle Nazioni Unite e di Amnesty International.

    “Questa squalifica di massa compresa quelle delle donne è discriminatoria, e viola il diritto fondamentale alla partecipazione politica”, ha dichiarato Ahmed Shaeed, Relatore Speciale per le Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Iran.

    Nel 2007, in occasione delle elezioni amministrative, solo 43 donne sono state elette, nonostante le decine di migliaia di seggi in palio. Nel 2008, con le elezioni parlamentari, le uniche donne riformiste candidate per un seggio in Parlamento non sono state elette.

    Nel 2009, in occasione delle elezioni presidenziali, 42 donne hanno avanzato la propria candidatura, ma sono state escluse dal Consiglio dei Guardiani. E le cose non sono andate meglio con le elezioni parlamentari del 2 marzo 2012. Da una ricerca condotta dall’Inter Parliamentary Union (Ipu) e pubblicata il 1 di aprile 2013, l’Iran si colloca al 135esimo posto nella classifica sulla presenza di donne in Parlamento.

    Su 290 seggi del Majlis iraniano, solo 9 sono occupati da donne, il 3,1 per cento. E se le donne parlamentari scarseggiano, non va meglio nel settore dirigenziale governativo. Su 18 mila posizioni dirigenziali le donne occupano solo il 2 per cento dei ruoli, mentre il numero di manager di sesso maschile in Iran è 30 volte maggiore rispetto a quello femminile.

    Escluse da ruoli dirigenziali di rilievo, ma presenti e attive nella società; sono proprio le donne a rappresentare una fetta consistente del corpo elettorale. E gli appuntamenti elettorali lo dimostrano. Le elezioni presidenziali del 1997 consegnarono la vittoria a Khatami grazie al voto delle donne. Oltre il 60 per cento dei voti per il candidato riformista arrivò da loro.

    Le donne iraniane godono del diritto di voto in base alla norma del 1963, introdotta sotto la Shah Reza Pahlavi e mai abolita; possono avanzare candidature in Parlamento, hanno un’elevata istruzione (il 60 per cento degli studenti universitari è donna), eppure la presenza femminile in alcuni settori chiave della società iraniana continua a essere pressoché assente o fortemente limitata.

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