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    Ha partorito la figlia del suo stupratore e rischia 20 anni di carcere per tentato aborto

    A stuprarla ripetutamente da quando aveva 15 anni è il patrigno di 70 anni

    A violentarla è stato il patrigno settantenne che per anni ha abusato di lei

    Di Cristiana Mastronicola
    Pubblicato il 13 Nov. 2018 alle 17:07 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 11:09

    Nel 2017, Imelda Cortez, 19 anni, ha partorito una bambina nata in seguito a uno stupro subito da parte del patrigno settantenne. Imelda da un anno è in prigione perché, secondo i medici, aveva provato ad abortire. A El Salvador, dove la ragazza vive, l’aborto è una pratica vietata in qualsiasi circostanza, per questo la ragazza è finita in carcere e ora rischia fino a venti anni di reclusione.

    Sul Guardian si leggono le dichiarazioni dell’avvocato della ragazza, Bertha María Deleón: “Questa è l’ingiustizia più estrema e scandalosa contro una donna che abbia mai visto. Lo stato ha ripetutamente violato i diritti di Imelda come vittima”.

    La famiglia di Imelda Cortez, di umili origini, arriva da San Miguel. Come si legge sulla rivista de El Salvador Factum, gli abusi in casa erano iniziati quando la ragazzina aveva appena 12 anni. A 15 c’era stato il primo stupro, a cui erano seguite inevitabili le minacce: “Il mio padrigno mi disse che se avessi raccontato qualcosa avrebbe ucciso me, mia madre e i miei fratelli”, ha detto la ragazza.

    “Non voleva avessi un ragazzo – ha continuato ancora Imelda parlando del patrigno settantenne – Mi voleva tutta per lui. Gli dissi che non avevo intenzione di terminare la mia storia e lui rispose se non la smetti me ne occuperò io”.

    Il ragazzo con cui stava in quel momento ha deciso di lasciarla, spaventato da quelle minacce. È partito per gli Stati Uniti e lei è rimasta da sola. La stessa paura l’ha subita anche lei, che non ha avuto il coraggio di parlare con nessuno di quelle violenze subite.

    La 19enne non si è resa conto di aspettare un bambino, perché mensilmente continuava ad avere delle perdite. A un certo punto, però, ha iniziato a sentirsi male e, in ospedale, i medici le hanno comunicato che era incinta. Non riusciva a crederci Imelda, perché non aveva avuto alcun rapporto sessuale e il patrigno le aveva sempre assicurato di essere sterile.

    Il 17 aprile del 2017 Imelda ha dato alla luce il bambino, nel bagno di casa sua, non in ospedale. Subito dopo, però, la ragazza ha perso i sensi e per questo è stata portata in ospedale. Qui i medici hanno creduto che la ragazza avesse abortito e hanno denunciato il fatto alla polizia, ma in realtà il bambino era a casa.

    L’accusa nei confronti di Imelda è di tentato omicidio aggravato e aborto fallito. Lei, durante il processo iniziato quello stesso giorno, ha affermato di non sapere di essere incinta. Quello che devono dimostrare i suoi avvocati è che la ragazza non aveva intenzione di abortire e, soprattutto, che la bambina è nata in seguito alle violenze sessuali subite dalla donna.

    Lei rischia venti anni di carcere, mentre il patrigno settantenne è processato per stupro di minore aggravato e continuato.

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