Il collegio elettorale degli Stati Uniti, ovvero i 538 Grandi Elettori, hanno ufficializzato l’elezione di Donald Trump come prossimo presidente statunitense. Le elezioni si sono tenute il 19 dicembre, come di consueto il primo lunedì dopo il secondo mercoledì di dicembre.
Sei settimane dopo aver vinto le elezioni, il repubblicano si è assicurato i 270 voti necessari per formalizzare la sua vittoria.
Commentando il risultato, Trump ha promesso di “lavorare duramente per unire il nostro paese e di essere il presidente di tutti gli americani”.
I Grandi Elettori in queste ultime settimane sono stati inondati di email e telefonate di pressione per non sostenere il presidente eletto, in un ultimo disperato tentativo di bloccarne l’ingresso alla Casa Bianca. Milioni di americani hanno firmato una petizione online e migliaia di persone si sono riunite in varie città del paese per manifestare il loro dissenso.
Il processo di voto è di solito una formalità, ma quest’anno è stato movimentato da una serie di polemiche secondo le quali gli hacker russi avrebbero cercato di influenzare le elezioni presidenziali.
Due dei 38 Grandi elettori del Texas hanno votato contro Trump. Secondo il quotidiano New York Times, quattro elettori democratici non hanno votato per Hillary Clinton.
Il risultato sarà annunciato ufficialmente il 6 gennaio in una speciale sessione congiunta del Congresso.
L’unica strada per impedire, almeno in prima battuta, l’elezione di Trump, sarebbe stata quella della diserzione da parte di almeno 38 Grandi Elettori repubblicani. Ma questa mossa avrebbe solo ritardato l’inevitabile.
Se nessun candidato raggiunge la soglia dei 270 voti nel collegio elettorale, tocca alla Camera dei Rappresentanti votare il presidente, e la Camera è attualmente controllata dai repubblicani, che con ogni probabilità avrebbero comunque scelto Trump. Questa situazione si è verificata nel 1800, quando dopo vari scrutini venne eletto presidente Thomas Jefferson (il Partito Democratico-Repubblicano d’allora) e anche nel 1824 quando fu eletto Andrew Jackson (democratico).
Quello statunitense è un sistema elettorale semidiretto. I cittadini votano, tramite una lista collegata a un candidato presidente, per eleggere i Grandi Elettori che formano lo United States Electoral College. Sono poi i Grandi Elettori, infine, a esprimere il proprio voto per uno dei candidati presidenziali, stabilendo chi sarà il presidente degli Stati Uniti.
Lo United States Electoral College è formato da 538 elettori e per essere eletti presidenti bisogna conquistare almeno 270 voti, ovvero la maggioranza assoluta.
Ma non tutti gli stati federati hanno lo stesso peso politico: la California, per esempio, ha una popolazione 10 volte più grande di quella del Connecticut, e per questo il numero dei Grandi Elettori di uno stato è proporzionale alla sua popolazione.
Tecnicamente, i Grandi Elettori non hanno “vincolo di mandato”, il che vuol dire che non devono votare necessariamente per il candidato della lista con cui sono stati eletti. Ciò detto, accade molto raramente che un Grande Elettore voti per un candidato presidente diverso da quello che ha deciso di sostenere inizialmente.
Questo meccanismo di voto indiretto può inoltre portare all’elezione a presidente di un candidato che non è il più votato, ma che al contempo ha vinto in un numero di stati sufficiente da garantirgli i 270 Grandi Elettori necessari. Questo fatto si è verificato l’ultima volta nel 2000, quando il democratico Al Gore risultò il più votato ma venne sconfitto da George W. Bush, che riuscì a ottenere più Grandi Elettori.
Il presidente eletto entrerà ufficialmente in carica il prossimo 20 gennaio.
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