Disney bolla come “razzisti” i suoi film più celebri
Dopo la rimozione di “Via Col Vento” dal catalogo della Hbo – poi reinserito con un avvertimento – anche la Disney ha deciso di prendere delle iniziative per rivedere gli stereotipi contenuti nei suoi classici più celebri, che sono valsi all’azienda l’accusa di razzismo e linguaggio inadeguato. Disney ha deciso di “bollare” alcuni film fantasy disponibili sulla sua piattaforma, Disney+, come razzisti, avvertendo gli spettatori sugli errori contenuti nella sceneggiatura e, in certi casi, spiegandoli. “Questo programma include rappresentazioni negative e/o trattamenti errati nei confronti di persone o culture. Questi stereotipi erano sbagliati allora e lo sono oggi”, si legge sul riquadro nero che accompagna i film disponibili sul sito. “Invece di rimuovere questo contenuto, vogliamo ammetterne l’impatto dannoso, trarne insegnamento e stimolare il dialogo per creare insieme un futuro più inclusivo”, specifica l’azienda.
Tra i film “bollati” come razzisti tutti i cartoni animati iconici della Disney: Gli Aristogatti, Lilli e il Vagabondo, Dumbo, Peter Pan, il Libro della giungla. “Questo programma è presentato così com’è stato concepito in origine. Potrebbe contenere rappresentazioni culturali ormai superate”, si legge nella descrizione di ciascun film. Ma Disney+ è andata anche oltre e ha aperto una sezione del sito che contestualizza i contenuti più controversi della trama. Si chiama Stories Matter e il suo motto è: “Le storie modellano il modo in cui vediamo noi stessi e tutti quelli che ci circondano”. “Come narratori, abbiamo il potere e la responsabilità non solo di elevare e ispirare, ma anche di difendere consapevolmente, intenzionalmente e incessantemente lo spettro di voci e prospettive nel nostro mondo”, dichiara la Disney sul sito, e oltre a scusarsi per gli errori commessi in passato, entra nel dettaglio spiegando la natura di alcune scelte autoriali.
E così, al numero musicale dei corvi in Dumbo (1941), doppiati nella versione italiana dal Quartetto Cetra, viene associata una scheda di contesto. “Rendono omaggio agli spettacoli di menestrelli razzisti, dove artisti bianchi con facce annerite e abiti laceri imitavano e ridicolizzavano gli africani schiavi nelle piantagioni meridionali. Il leader del gruppo è Jim Crow, che condivide il nome con le leggi che imponevano la segregazione razziale negli Stati Uniti meridionali”. Poi è la volta di Peter Pan. “Il film ritrae i nativi in un modo stereotipato senza riflettere né la diversità dei popoli nativi né le loro autentiche tradizioni culturali. Parlano in una lingua incomprensibile e vengono ripetutamente definiti come “pellerossa”, un termine offensivo”, si legge nella descrizione del film basato sull’opera teatrale di J. M. Barrie, in cui “Peter e i ragazzi perduti ballano indossando copricapi e altri elementi esagerati, una forma di derisione e appropriazione della cultura e delle immagini dei nativi”.
E ancora, Lilli e il Vagabondo, il libro della Giungla e gli Aristogatti, nella cui scheda viene spiegato che Shun Gon, il gatto siamese che suona nella jazz band del cartone animato, “è raffigurato come una caricatura razzista dei popoli dell’Asia orientale con tratti stereotipati esagerati come occhi obliqui e denti da coniglio. Canta in un inglese poco accentato, doppiato da un attore bianco e suona il piano con le bacchette. Questa rappresentazione rafforza lo stereotipo dello straniero perenne”. L’avvertenza sulle schede della casa di produzione fondata da Walt Disney si chiude con una nobile dichiarazione d’intenti: “Disney si impegna a creare storie con temi ispiratori e ambiziosi che riflettano la ricca diversità dell’esperienza umana in tutto il mondo”. Perché “per essere sempre felici e contenti ci vuole impegno. Uno sforzo che stiamo facendo”.
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