La sala comune del reparto disabili dell’orfanotrofio di Banja Koviljaca, in Serbia, è una stanza troppo piccola per il numero dei suoi ospiti, spoglia e scarsamente arredata. Somiglia più a una sala d’aspetto di un ospedale che a una sala comune per bambini. Tre di loro siedono sul pavimento appoggiando la schiena al muro: fanno parte di coloro che non hanno mai imparato a camminare. Guardano spaesati i movimenti intorno a loro senza la possibilità di muoversi.
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Tutti i bambini presentano indizi di scarsa pulizia: bocche incrostate di saliva mai pulita, macchie sui pigiami colorati, capelli incolti. Spesso sotto i vestiti si intravede una benda, segno di medicazioni per ferite causate dalla negligenza degli operatori, costretti a far fronte alle scarse risorse che il governo mette loro a disposizione.
(Credit: Nicola Fornaciari e Gabriele Gatti. L’articolo continua dopo la foto)
Al centro della stanza un’unica sedia a rotelle è occupata da una bambina con sindrome di down, la cui postura innaturale conferma la mancata assistenza fisioterapica.
La storia dell’orfanotrofio “Vera Blagojevic”
La località termale di Banja Koviljaca è una zona rurale al confine con la Bosnia-Erzegovina. Qui la grande tragedia della guerra protrattasi fino al 1995 ha lasciato profonde cicatrici in una comunità di frontiera. L’economia della zona era basata sulla grande fabbrica di viscosa poco distante dal piccolo centro abitato, che ha chiuso con la crisi alla fine della guerra. Era venuto a mancare il lavoro che sosteneva la zona, creando disoccupazione e un esodo verso zone più industrializzate.
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Di conseguenza, come spesso accade, le colpe dei padri ricadono sui figli. L’orfanatrofio di Banja Koviljaca, intitolato a Vera Blagojevic, è diventata l’unica casa per centinaia di bambini che la crisi ha trasformato negli orfani del nostro tempo. Il riflesso della povertà incombe sulle vite di bambini e bambine che, nella maggior parte dei casi, sono allontanati dalle famiglie stesse che non sono in grado di mantenerli.
Intorno agli anni Duemila la Dom za Decu, “la Casa dei Bambini” di Banja Koviljaca, è diventata un rifugio per più di 120 orfani. Ma è un luogo inadatto a custodire e a educare i suoi ospiti a causa dei pochi supporti finanziari e al rapporto troppo alto tra bambini ed educatori – circa 2 a 100 per turno.
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Intanto, a seguito di uno scandalo sulla condizione di sovraffollamento delle strutture adibite all’accoglienza dei disabili e sulle condizioni di segregazione e violenza fisico-psicologica che questi erano costretti a subire, il governo serbo ha cambiato le sue politiche di assistenza nei confronti dei disabili.
Le maxi-strutture assistenziali sono state chiuse e molti bambini sono stati ricollocati sul territorio nazionale. Mentre città come Belgrado e Novi Sad beneficiano di un maggiore controllo e finanziamenti più ingenti, le vaste zone rurali del paese non offrono gli stessi servizi e il livello di assistenza nelle strutture è drammaticamente basso.
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Dopo questi improvvisi cambiamenti, i primi disabili sono arrivati all’orfanatrofio di Banja Koviljaca nel biennio 2012-2013. Questa distribuzione improvvisa ha causato un inevitabile colpo alla struttura, che, nonostante la graduale fuoriuscita dei suoi ospiti, si è trovata a gestire casi ai quali i suoi educatori non erano preparati.
Per far fronte a questa emergenza sono state fornite alle operatrici tempestive ma inadeguate ore di formazione e alcune cuoche della mensa sono state promosse educatrici senza alcun titolo. Tutto ciò per sopperire alla mancanza di personale per la gestione degli ospiti disabili che nel tempo sono aumentati sempre di più.
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Durante i primi anni di permanenza la mancanza di supporti deambulatori ha costretto numerosi ospiti a una condizione di immobilità forzata nei propri letti, causando la perdita della facoltà di camminare unita a malformazioni posturali portate dall’immobilità permanente.
Quella che è la mancanza più dannosa per lo sviluppo socio-comportamentale è l’assenza totale di stimoli creativi come disegnare, giocare e sfogarsi. La vita dei bambini si svolge senza la possibilità di poter studiare e ricevere stimoli che un’istruzione dedicata garantirebbe. Per diversi ragazzi affetti da sindrome di down la mancata alfabetizzazione ha portato alla perdita della facoltà di parlare.
(Credit: Nicola Fornaciari e Gabriele Gatti)
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