La direttiva Copyright, che riforma il diritto d’autore nell’Unione europea, è legge. Dopo l’approvazione da parte del parlamento europeo, il Consiglio dell’Ue ha dato il suo via libera definitivo il 15 aprile 2019. L’Italia e altri 5 paesi hanno votato contro.
Gli stati membri hanno adesso due anni per recepire la direttiva nella loro legislazione nazionale.
Copyright: cosa cambia per autori, editori e colossi web con la riforma approvata dalla Ue
Il testo era stato formulato nel 2016 dalla Commissione europea, aprendo 3 anni di intensi dibattiti, proteste, spaccature e pressioni da parte di lobby.
La direttiva 0593/2016 si inserisce in un più ampio progetto di mercato unico digitale, uno spazio economico comune senza barriere, così come già avviene per le barriere fisiche.
Gli articoli più dibattuti sono stati l’11 e il 13, che nel nuovo testo sono diventati l’articolo 15 e l’articolo 17.
Il principale argomento di chi si è schierato a favore della direttiva è la necessità di una maggiore tutela del diritto d’autore e del lavoro creativo. Dall’altro lato vi era invece chi temeva che le nuove norme potessero essere un limite alla libertà di informazione.
La riforma interviene per aggiornare il diritto d’autore, fermo a un testo del 2001, e adeguarlo a una realtà digitale in continuo mutamento.
La riforma del Copyright inserisce la possibilità per autori ed editori di avere maggiore potere negoziale nei confronti dei giganti del web come Google, Youtube o Facebook.
“La nuova direttiva permetterà di adeguare il diritto d’autore al Ventunesimo secolo, a vantaggio di autori, interpreti, giornalisti, editori, produttori di film e musicali”, ha detto la commissaria Ue al digitale Mariya Gabriel.
La direttiva in particolare riguarda le piattaforme che guadagnano dall’aggregazione di contenuti altrui. I colossi come Google e Youtube ad esempio stipulare licenze con i proprietari dei contenuti che loro veicolano, gli editori.
L’articolo 15 (ex articolo 11) della normativa dà agli stati membri il compito di assicurarsi che i giornalisti creatori di contenuti, ricevano una quota adeguata dei proventi ottenuti dai loro editori.
Se un articolo viene aggregato da Google News, il giornalista o autore che lo ha creato, deve essere remunerato dal proprio editore, che a sua volta deve essere pagato da Google per quel contenuto. La direttiva prevede che vengano stipulati accordi tra editori e colossi digitali.
L’articolo 17 (ex articolo 13) è quello che regola la pubblicazione di contenuti online su piattaforme di condivisione. La nuova direttiva impone che la piattaforma di aggregazione debba sempre ricevere un’autorizzazione alla pubblicazione da parte dei titolari del diritto d’autore di quel contenuto.
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