Frustrante, a volte insensata e ad ogni modo estenuante. La ricerca di una casa a Parigi è un rito di iniziazione al labirinto di secolari pregiudizi e burocratiche pedanterie in cui solo l’amore incondizionato per la Francia e una tenace volontà aiutano a orientarsi. E quindi bon courage, mi ripetevo ogni mattina uscendo dalla mia abitazione provvisoria.
Bon courage, in italiano buona fortuna, esprime bene quel sentimento, tipicamente francese, di speranza oscurata dal rischio del potenziale fallimento. Così, solo chi è veramente disposto a barattare il proprio spazio con il prestigio di vivere nella Ville Lumière si avventura nella ricerca, tenendo bene a mente che affittare uno “studio”, cioè un monolocale, a Parigi è un lusso per pochi, a meno che non vogliate vivere in 9 metri quadri.
Al prezzo di uno studio a Parigi, 740 euro in media secondo Le Parisien, quanti appartamenti più grandi, più luminosi e più centrali si possono trovare a Valencia o a Amsterdam? All’ombra della Tour Eiffel la felicità è un compromesso da pattuire tra metri quadri e costo dell’affitto secondo la geografia della metropolitana.
La maestria del buon ricercatore si evince dal metodo cartesiano con cui affronta il dramma dell’affitto partendo da uno studio scientifico degli annunci. Il più esperto sa che il miglior modo per prendere appuntamento per vedere una casa è telefonare immediatamente ai contatti forniti appena arriva la notifica del sito immobiliare. Dopo venti minuti la casa potrebbe essere già stata affittata.
Ah, chiaramente al telefono, attenzione agli accenti stranieri. Se il proprietario o l’agente immobiliare percepisce un francese anche solo lievemente diverso da quello di France Tv vi etichetterà inevitabilmente come stranieri, con numeri stranieri (quindi la telefonata è cara) e sprovvisti di garante francese. Ebbene, il garante è una questione da non sottovalutare. I francesi detestano essere truffati e troppi casi di affittuari non paganti hanno reso l’esigenza del garante francese condizione indispensabile anche solo per visitare la casa.
Inoltre, la persona che si assume ogni responsabilità nel caso l’affittuario non risponda ai suoi doveri non solo deve avere nazionalità rigorosamente francese, ma deve disporre di un reddito sufficientemente alto per convincere i cari signori proprietari. Infine, questo dossier con un numero di documenti considerevole per uno straniero che non possiede altro all’infuori della carta d’identità è il “biglietto da visita” in cui riporre ogni speranza. Dunque, la ricerca di un monolocale a Parigi è un gioco d’azzardo in cui vince il più veloce e il più ricco. Ah pardon, il candidato con il reddito che ispira più fiducia.
Così file di anime in pena si affollano negli orari di visita al civico dell’appartamento da tutti ambito. Venti, venticinque, trenta persone, cresce sempre più il numero di chi spera nella divina grazia mentre ognuno, in cuor suo, vede proporzionalmente ridursi le possibilità di accaparrarsi il tetto. La sfida inizia con un incrocio di discreti ma taglienti sguardi volti a stimare il valore economico degli altri concorrenti.
Allora le ragazze francesi che si sono fatte accompagnare dalla mamma o dal papà si sentono sicure nei loro vestitini griffati, i candidati più maturi rimangono taciturni non si sa se per noia o per diffidenza, gli stranieri, scoraggiati, aprono e chiudono il loro dossier nel dubbio di un documento mancante. Si finge di socializzare ma nessuno chiede il numero di telefono all’altro. La visita della casa dura pochi minuti in cui si cerca di far colpo sull’agente o proprietario e poi si riparte, con meno speranza di prima.
E ricomincia il tam tam di notifiche di Facebook, dei siti di case, dei conoscenti diventati amici dopo disperate richieste d’aiuto. Chi desiste, in fondo, si può sempre rivolgere a residenze per studenti o cercare una camera in un appartamento da condividere con amici o proprietari. Chi, però, stanco “dell’appartamento spagnolo”, vuole assolutamente un tetto solo per sé, ricomincia a vagare tra gli arrondissements di Parigi come in gironi infernali di cui non si scorge l’uscita. Eppure l’alternativa alla camera nella casa della vecchia signora, allo studio di 9 metri quadri senza toilette, all’appartamento nel 20esimo arrondissement ci deve pur essere.
Se dopo settimane di ricerca, une ventina di appartamenti visitati e un centinaio di telefonate senza risposta, perché il vostro numero è straniero, riuscite ancora ad ammirare di sera la Tour Eiffel brillare senza provare rancore, vuol dire che Parigi vale ben più di uno studio.
Una mappa di Parigi a cui corrispondono i prezzi degli affitti per un appartamento di circa 35 metri quadri. Credit: Il était une pub
* A cura di Francesca Ferri