Quando Mary scoprì di essere incinta, all’età di 37 anni, decise di smettere di curarsi con gli anti-depressivi. Il pensiero di aspettare un bambino la riempì di gioia: quella vita che portava in grembo, pensava Mary, sarebbe stata il miglior antidoto e la migliore cura per la depressione di cui soffriva.
Mary aveva letto che i farmaci anti-depressivi potevano danneggiare il feto. La psichiatra che la seguiva le disse che avrebbe potuto continuare ad assumerli, ma Mary scelse di evitarli.
La donna aveva iniziato a soffrire di depressione e avere tendenze suicide dall’età di 20 anni. Grazie alla psicoterapia e la cura farmacologica era riuscita a trattare i principali sintomi. Lavorava come insegnante di sostegno per bambini con disturbi comportamentali in una scuola di Portland, negli Stati Uniti. Era considerata l’insegnante più sensibile e solo pochi colleghi sapevano che si curava con anti-depressivi.
Dopo alcuni mesi di gravidanza, Mary si auto-convinse che ci fosse un’anomalia nel feto, nonostante i test dimostrassero che fosse in perfetta salute. Alcune notti, invece di dormire, trascorreva ore a navigare su Internet, alla ricerca di tutti i possibili disturbi e malformazioni di cui sarebbe potuto essere affetto il bambino.
“Vedevamo che stava scivolando in una spirale di pensieri negativi”, dice Kristin, sua madre, in un’intervista con il New York Times. “Le ossessioni irrazionali e l’inabilità di vedere alternative positive la tormentavano. Il suo dottore cercava di rassicurarla. Ma erano rassicurazioni razionali, e lei ormai non viveva più nel mondo della razionalità”.
Al quinto mese di gravidanza, Mary era diventata completamente apatica. Non dormiva, non si muoveva, non riusciva più a condurre una vita normale. Pur con qualche riluttanza, decise di riprendere gli anti-depressivi.
Ma il giorno dell’appuntamento con il suo psichiatra, che le avrebbe dovuto prescrivere nuovamente i farmaci, mandò un messaggio alla madre: “Non ce la faccio”.
Quando si buttò dal sedicesimo piano della casa dei suoi genitori, era a sei mesi e mezzo di gravidanza.
Andrew Solomon, scrittore americano che si occupa di politica, cultura e psicologia, ha condotto una ricerca sulle esperienze di depressione delle donne in gravidanza.
“Anche se la nostra società sembra sempre più egualitaria, sono le donne a sentire di più la responsabilità genitoriale”, scrive Solomon. “Diventare madri, per loro, significa ricostruire la propria identità, e questo provoca sia gioia sia frustrazione. Alcune donne con cui ho parlato soffrivano di depressione pre-natale, altre post-natale, altre le avevano avute entrambe”.
La depressione post-partum è un disturbo mentale ed emozionale che si verifica dopo il parto. Ha sintomi più intensi e duraturi rispetto ai cosiddetti baby blues, ondate di malinconia che si verificano in genere entro i primi dieci giorni dalla nascita del bambino.
Secondo gli studi dell’istituto americano Centers for Disease Control and Prevention, che ha condotto uno studio sui disturbi depressivi delle donne in età riproduttiva, tra l’8 e il 19 per cento delle donne ne soffrono.
Mentre la depressione post-partum è ampiamente riconosciuta e numerosi Paesi al mondo hanno promosso programmi speciali per curarla, quella pre-partum è meno conosciuta, anche se affligge oltre l’8 -15 per cento delle donne in gravidanza.
“Prima della gravidanza, non mi ero mai sentita così inutile e apatica”, scrive Claire Kilroy, una scrittrice che ha sofferto di depressione pre-partum alla sua prima gravidanza. “Così apatica da non aver voglia di vestirmi o di aprire un libro, così smarrita da non ricordarmi perché ero entrata in una stanza e troppo svogliata per uscirne da lì”.
Nel suo libro The Devil I Know, Kilroy racconta le difficoltà affrontate in gravidanza, il dolore provato nel rendersi conto di non nutrire alcun sentimento d’amore verso il bambino che stava per mettere al mondo, e la vergogna nel confessare come si sentiva.
“Le donne depresse in gravidanza sono stigmatizzate”, dice Solomon. “Si pensa che una donna che non riesca a essere felice del bambino che porta in grembo sia senza cuore. L’idea che il disagio fisico o mentale possa essere sempre compensato dalla gioia di essere madri è ancora ben radicata. Non abbiamo ancora capito quanta ansia provochi la gravidanza e quanto possa essere traumatica”.
Proprio per lo stigma che colpisce le donne che hanno paura di avere bambini, le testimonianze in pubblico sono poche. Wendy Isnardi è un’eccezione: come Kilroy, anche Isnardi ha deciso di raccontare la sua esperienza in un libro, Nobody Told Me.
“Pensavo che le donne che assumevano psico-farmaci in gravidanza erano delle pazze, finché mi resi conto che ero io quella che stava diventando pazza”, dice Isnardi. “Pensavo continuamente a far male al bambino e avevo tendenze ossessivo-compulsive. Sapevo che non sarei mai stata capace di ferirlo, ma non potevo rischiare”.
Isnardi ora lavora come consulente al Centro di Ricerca Post-partum di New York. Molte delle donne con cui parla, dice Isnardi, si sentono in colpa per la loro depressione: “Hanno paura di essere giudicate”, dice Isnardi. “Alcune volte dobbiamo parlare via SMS perché hanno paura che i mariti le sentano se parlano al telefono”.
La questione dell’assunzione di psico-farmaci in gravidanza è controversa. Tutti i dottori consigliano di evitarli nei casi meno gravi, ma per le forme di depressione più severe non ci sono risposte certe.
“Ogni donna che soffre di depressione vorrebbe non prendere medicine”, dice Elizabeth Fitelson, direttrice di un corso del dipartimento di psichiatria alla Columbia University. “Ma se la devono prendere c’è una ragione”.
Al contrario, Adam Urato della Tufts University School of Medicine, specializzato in gravidanze a rischio, sostiene che gli psicofarmaci non possono essere assunti in gravidanza, in quanto potrebbero provocare aborti spontanei e malformazioni del feto. L’uso e l’abuso di psicofarmaci come Prozac, Zoloft e Lexapro, secondo Urato, sono la dimostrazione che la comunità scientifica è sotto ricatto delle grandi casa farmaceutiche, che promuovono questo tipo di medicinali invece di proporre rimedi più naturali.
“Mentre facevo ricerca su questo argomento ho immaginato la disperazione provata sia dai dottori sia dai pazienti”, scrive Solomon. “Le donne che soffrono di depressione in gravidanza possono essere a rischio sia assumendo farmaci sia evitandoli”.
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