Fin dall’inizio della sua prima campagna presidenziale del 2015/16, l’attuale presidente eletto Donald Trump si è trovato al centro dell’eclatante rinascita del movimento cristiano-nazionalista che ha visto in lui il tanto atteso “prescelto”, l’uomo mandato da Dio sulla Terra per compiere il destino di supremazia politico-cristiana per il quale gli Stati Uniti sarebbero stati appositamente creati. Che ciò sia avvenuto a sua totale insaputa è molto più che probabile, come attestato da diverse uscite verbali che hanno palesato la sua ignoranza religiosa. Che grazie alle doti intuitive, dialettiche e istrioniche ne abbia astutamente approfittato per conquistarsi i voti degli accoliti e diventare una sorta di divinità è invece una certezza. Non è un caso che la folla radunatasi a Washington il 5 gennaio 2021 – per quella che era stata definita “Marcia su Gerico” in memoria del biblico assedio degli ebrei alle mura della città proibita raccontato nel libro di Giosuè – e che il giorno successivo assaltò il Campidoglio per evitare la convalida ufficiale dell’elezione di Joe Biden, fosse costituita di fanatici religiosi, quasi tutti bianchi, inneggianti slogan del tipo “Christ for Trump” e muniti, oltre che di armi, di scritte e simboli della tradizione giudaico-cristiana di ogni tipo e dimensione.
Non è neppure un caso che nel decennio trumpiano si siano moltiplicati libri e documentari che hanno indagato la storia della fitta rete di intrecci tra la destra religiosa e quella politica, un fenomeno che pur affondando le radici nel passato non era mai stato ritenuto così pericoloso per la possibile instaurazione di una teocrazia della minoranza fino alla presidenza di Donald Trump. Tra le diverse fonti qui utilizzate citiamo in particolare tre notevoli documentari, Praying for Armageddon (2023), God & Country (2024) e Bad Faith (2024) e i giornalisti e scrittori Jeff Sharlet e Tim Alberta, oltre ad alcuni articoli e commenti post-elettorali.
Narrazione biblica
Secondo la teoria che vede in Trump il “prescelto”, ulteriormente rafforzata dopo i due attentati – in particolare quello in Pennsylvania con il miracolo della pallottola che lo ha solo sfiorato – che hanno amplificato anche la sua caratteristica di “martire” per le persecuzioni e gli ingiusti processi subiti, poco importa che Trump finga di conoscere la Bibbia e di essere devoto, o che abbia condotto una vita empia sotto tutti i punti di vista, perché in quella teoria tutto questo può perfino diventare un punto di forza, omologandolo a personaggi delle Sacre Scritture. Re Davide ad esempio non solo sedusse e mise incinta Betsabea, ma fece in modo che il marito di lei morisse in battaglia, senza poi ricevere alcuna punizione divina.
Ma il pezzo forte della narrativa è il paragone con il re persiano Ciro, definito “vascello di Dio” per aver posto fine all’esilio babilonese degli ebrei, consentendo loro di ritornare in Israele e ricostruire il Tempio di Gerusalemme. Siglata da medaglie commemorative con le effigi dei due uomini e utilizzata anche da Benjamin Netanyahu quando Trump trasferì l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, quell’analogia fu coniata nel 2016 da Lance Wallnau, una delle massime celebrità del televangelismo, stretto alleato di Trump e padre del “Dominionismo delle Sette Montagne”. L’idea alla base di tale dottrina è che per prendere il dominio della società bisogna controllare sette pilastri cruciali: famiglia, religione, intrattenimento, informazione, istruzione, affari, governo. Wallnau ha celebrato la vittoria trumpiana come «una riforma dell’America appena iniziata» e, sostenendo che i democratici ora sono talmente arrabbiati «da sentirsi come un’orsa derubata dei suoi cuccioli», è sicuro che proveranno a ribellarsi. «Trump e la nazione avranno bisogno della chiesa per sconfiggere quegli spiriti», ha aggiunto. Spiriti occulti e maligni come quello che nel dibattito contro Trump «ha parlato per bocca di Kamala Harris» che, ha detto JD Vance a un evento elettorale con Wallnau, «ha utilizzato la stregoneria».
Il neo presidente eletto dal canto suo durante la campagna 2023/24 ha garantito ai cristiani nazionalisti che darà loro «livelli di potere mai visti prima», incrementando persino quelli del precedente mandato in cui i due massimi esponenti governativi del movimento erano il vicepresidente Mike Pence e il segretario di stato Mike Pompeo, artefici sia del trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme, sia dell’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani nel gennaio 2020. Per non parlare dei tre giudici conservatori che Trump ha eletto alla Corte Suprema, sui quali ritorneremo, e dell’attuale Speaker della Camera, Mike Johnson che potrebbe continuare ad essere la terza carica dello Stato se si confermasse la vittoria repubblicana anche in quell’ala del Congresso, cosa ancora incerta nel momento in cui scriviamo.
Miti e falsi storici
Tornando all’ambasciata di Gerusalemme, nel giorno della sua inaugurazione nel 2019 Trump aveva voluto John Hagee (1940) e Robert Jeffress (1955) in rappresentanza della parte specificamente religiosa del movimento, non casualmente denominato anche cristianesimo sionista. Leader di due mega-chiese texane annoverate tra le più ricche del Paese, Hagee e Jeffress sono accaniti divulgatori dei due concetti che stanno alla base della commistione cristiano-politica: la letteralità della Bibbia e l’assunzione da parte dei Padri Fondatori della natura cristiana degli Usa. Il primo punto, oltre a fare rientrare Trump nella catena di profezie bibliche del volere di Dio, come raccontato ad esempio nel brutto film “The Trump Prophecy” (2018), vede nella decadenza morale e nelle catastrofi mondiali dei nostri tempi, tra cui la pandemia, dei segnali premonitori dell’avvicinarsi dello scontro finale dell’Armageddon e della seconda venuta di Cristo sulla terra, in base a quanto profetizzato nel Libro della Rivelazione. I romanzi della serie “Left Behind”, da cui sono stati tratti diversi film tra cui “La profezia” (2014) con Nicholas Cage, ne raccontano le fasi preliminari in cui avvengono strani fenomeni come ad esempio la “Rapture”, ossia l’improvvisa scomparsa di persone vive che Dio preleva dalla Terra.
Il secondo concetto, relativo alla certificazione dei primi legislatori americani del legame indissolubile tra la nazione e Dio, è invece un falso storico, a dispetto di quanto potrebbe sembrare considerando i parecchi orpelli religiosi aggiunti a momenti tipici della vita americana, quali ad esempio i giuramenti sulla Bibbia di quasi tutti i presidenti o il riferimento a Dio contenuto nella preghiera che gli alunni di tutte le scuole, a partire da quella materna, recitano ogni mattina. La verità è che i Padri Fondatori improntarono la Costituzione al massimo secolarismo, ribadendo anche nel primo emendamento la libertà religiosa di ogni individuo, poiché erano convinti che l’imposizione di una qualsiasi fede fosse una forma di tirannia. Tuttavia quel mito tiene banco non solo nelle infuocate e spesso grottesche prediche di migliaia di pastori, ma nelle parole delle super-trumpiane deputate del Congresso, appena rielette, Lauren Boebert e Marjorie Taylor Green che, sebbene spesso definite personaggi buffoneschi, sono diventate delle icone da non sottovalutare della base trumpiana.
«È la Chiesa che deve guidare il governo, non il governo che deve guidare la chiesa. Non è questo che i nostri Padri Fondatori intendevano. E io sono stufa marcia di questa spazzatura della separazione tra Stato e Chiesa che non è nella Costituzione. Era in una fetida lettera e non significa affatto quello che dicono significhi», è una delle tante accalorate enunciazioni di Boebert sul tema. E Taylor Green: «Il 6 gennaio ha dimostrato che la gente ha avuto il coraggio di prendere in mano la situazione… Dobbiamo essere il partito del nazionalismo cristiano. Io sono una nazionalista cristiana e sono orgogliosa di esserlo». E ancora lei nel 2022, esultando tra la folla il giorno in cui la Corte Suprema aveva ribaltato la sentenza Roe v. Wade del 1973 sui diritti riproduttivi delle donne: «Sono così felice. È una benedizione, è un miracolo di Dio».
Sono state soprattutto le promesse su Corte Suprema e aborto le istanze più importanti che nel 2016 hanno permesso a Trump di conquistarsi il voto della maggioranza della comunità evangelica, rivelatasi determinante per quella prima vittoria con la percentuale record dell’81% contro il 16% di Hillary Clinton. In campagna elettorale, Trump aveva fatto un patto con molti leader religiosi promettendo che in cambio del loro appoggio incondizionato avrebbe nominato giudici conservatori che avrebbero reso illegale l’aborto. Aveva quindi steso una lista di possibili candidati, oltre a introdurre nei suoi discorsi elementi religiosi che, pur rivelando la sua ignoranza biblica, puntavano sul suo ruolo di difensore della Cristianità e sollecitavano la comunità cristiana a far sentire il proprio peso politico: «Noi proteggeremo i cristiani. I due Corinzi, giusto? (invece di seconda lettera ai Corinzi, ndr) I cristiani non usano il loro potere. È la lobby più potente che sia mai esistita, eppure non ho mai sentito parlare di una lobby cristiana». E il crescendo dei suoi riferimenti religiosi non ha conosciuto soste. Si pensi a immagini e filmati durante gli abituali incontri con i leader religiosi in cui appare immerso nella preghiera a testa china, o alla foto opportunity con la bibbia in mano davanti alla St. John’s Church del 2020, o alla vendita quest’anno della “Bibbia di Trump”. Ma è stata la nomina dei giudici cristiano-nazionalisti Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett – che hanno sbilanciato la Corte Suprema 6 a 3 per i conservatori con il conseguente rovesciamento di Roe v. Wade – a mettere Trump al di sopra dei suoi predecessori repubblicani, da Reagan ai due Bush, che con gli evangelici conservatori avevano “over-promised” ma “under-delivered” (promesso troppo e mantenuto poco).
Bandiere e interessi economici
Tuttavia, fino alla fine degli anni Settanta non fu l’aborto l’elemento aggregante della nuova ondata di rinascita del movimento cristiano-nazionalista, bensì il razzismo, così come avvenuto in tutta la storia statunitense. Momenti cruciali furono ad esempio la nascita del Ku Klux Klan ai tempi della Guerra Civile e la sua recrudescenza cominciata dopo l’uscita nel 1915 del film “Birth of a Nation” di D.W Griffith – il cui enorme successo fu favorito anche dal grande apprezzamento del presidente Woodrow Wilson, che ne organizzò una sontuosa proiezione alla Casa Bianca – con nuovi picchi raggiunti negli anni Veni. Dopo la metà degli anni Cinquanta fu la reazione al Movimento per i Diritti Civili a scatenarne una nuova ondata, tanto che Martin Luther King jr, alludendo alle prediche razziste che molti pastori tenevano nelle loro chiese, dichiarò: «Credo che una delle tragedie della nostra nazione consista nel fatto che alle undici della domenica mattina cominci una delle ore più segregate dell’America cristiana».
Nel 1971 fu la volta della sentenza di una Corte minore che tolse l’esenzione fiscale alle scuole private cristiane che continuavano a praticare la segregazione, abolita sulla carta con la sentenza Brown v. Board of Education del 1954. Toccati negli interessi economici, i leader cristiano-nazionalisti di una immensa quantità di istituti insorsero. Figura di spicco della protesta fu l’allora popolarissimo Jerry Falwell (1933-2007), fondatore della Liberty Christian Academy e della Liberty University, oltre che co-fondatore di molte associazioni cristiane di estrema destra. Sebbene la questione si protrasse a colpi di compromessi fino alla legge definitiva del 1983, verso la fine degli anni Settanta fu però l’aborto a diventare, per convenienza, la bandiera del movimento grazie allo stratega politico Paul Weyrich (1942-2008), architetto della Nuova Destra Cristiana, da cui si può dire derivi il movimento trumpiano, che del decennale lavoro politico-religioso di Weyrich ha ricalcato moltissime idee confluite anche nel Project 2025.
Weyrich si rese conto che per coinvolgere la base popolare evangelica nel suo piano di “cristianizzazione dell’America” bisognava trovare un’istanza diversa dalla segregazione razziale e tutti i leader religiosi concordarono sul fatto che niente avrebbe potuto funzionare meglio dell’aborto, un tema fino ad allora trascurato anche perché la Bibbia non si esprime in merito. Perfino Jerry Falwell non ne accennò fino al 1978, per poi farne, come altri predicatori, un punto cardine dei suoi discorsi e lo strumento per raccogliere denaro e controllare l’elettorato. Il progetto di Weyrich si basava sulla convinzione che «se fosse riuscito a organizzare un esercito di cristiani arrabbiati in un blocco elettorale, sarebbe riuscito a trasformare l’America».
La conquista di posizioni di potere politico dei cristiani conservatori poteva avvenire anche attraverso elezioni non propriamente corrette: «Io non voglio che tutti vadano a votare», diceva Weyrich nel 1980. «Le elezioni non sono vinte dalla maggioranza della popolazione. Non lo sono mai state fin dalla nascita del nostro Paese. Anzi il nostro potere aumenta quanto più diminuisce la popolazione che vota». Una verità ancora valida poiché, come sostiene la storica Katherine Stewart, in una nazione dove dal 40 al 50% della popolazione non vota, un gruppo minoritario eccezionalmente finanziato, organizzato e motivato che vota in proporzioni straordinarie può facilmente vincere il ciclo elettorale. Quest’anno, come già quattro anni fa, l’astensionismo si è abbassato di qualche punto rispetto al 40% e cause come l’inflazione e l’immigrazione hanno spinto parte dell’elettorato laico indipendente e democratico a scegliere Trump permettendogli di raggiungere gli eclatanti risultati che nessun sondaggio aveva previsto. Tuttavia la base del movimento cristiano nazionalista è rimasta la piattaforma sicura che Trump ha continuato a coltivare e sulla quale ha potuto contare. Quello che ora questo movimento aspirante a una teocrazia potrà fare resta un’incognita inquietante.
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