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    David Grossman: “Il dialogo è fallito, la violenza fra arabi ed ebrei spezza il sogno della coesistenza”

    David Grossman. Credit: ANSA/LUCA ZENNARO

    “A rischio il fragile equilibrio di Israele: così perdiamo tutti. Ho 67 anni e ho vissuto diverse situazioni estreme: questa è una delle peggiori. Dopo tutti questi anni siamo ancora prigionieri di questo circolo vizioso, senza che si intraveda una via d’uscita", lo scrittore israeliano commenta la nuova esplosione di violenza tra Israele e Hamas che si consuma nel suo Paese

    Di Clarissa Valia
    Pubblicato il 13 Mag. 2021 alle 15:16

    “Abbiamo avuto quattro esplosioni abbastanza vicine da sentirle con chiarezza. Vicinissime a luoghi dove ci sono mio figlio, mia nipote, alcuni amici. Ho 67 anni e ho vissuto diverse situazioni estreme: ma questa è una delle peggiori“. A parlare in un’intervista a Repubblica è David Grossman, uno dei più grandi scrittori israeliani contemporanei.

    Commentando la nuova esplosione di violenza tra Israele e Hamas, la più intensa in 7 anni, che ha provocato almeno 74 morti (67 palestinesi e 7 israeliani) e 388 feriti in poco più di due giorni, David Grossman dice: “È un accumularsi di minacce, rabbia, frustrazione: a un certo punto scoppia e ci troviamo improvvisamente nel mezzo di un’operazione militare. O di una vera guerra. La spiegazione è logica, ma non basta per smettere di chiedersi come sia possibile che dopo tutti questi anni siamo ancora prigionieri di questo circolo vizioso, senza che si intraveda una via d’uscita“.

    “Quella attuale, nella quale si fronteggiano cittadini arabi israeliani e cittadini ebrei israeliani, sottolinea Grossman, “è una situazione estremamente pericolosa: quando parliamo di arabi israeliani, parliamo di un quinto della popolazione israeliana. Persone che, sulla carta, hanno tutti i diritti, ma che nella realtà si vedono negate moltissime cose: basti pensare alla legge che dichiara Israele Stato nazione degli ebrei e che fa degli arabi quasi cittadini di serie B“.

    È come se facessimo qualunque cosa possibile per provocare i palestinesi e dimostrare loro quanto siamo forti noi e quanto sono deboli loro”, aggiunge lo scrittore israeliano.

    “È una violenza orribile quella di cui mi chiede perché spezza ogni idea di coesistenza, il sottile filo che si era creato negli anni e che faceva pensare che gradualmente saremmo riusciti a vivere l’uno accanto all’altro. Per la prima volta dopo le ultime elezioni un partito arabo (Raam, ndr) era nella posizione di poter influenzare la scelta su chi sarebbe stato primo ministro. Un segnale importante, ma non è bastato”.

    Il dialogo è fallito, spiega ancora David Grossman a Repubblica e non solo per colpa dello Stato ebraico, “Chi per anni ha sostenuto il dialogo è stato delegittimato dall’assenza di risultati e oggi è visto come una sorta di traditore. Da entrambi i lati, crescono solo gli elementi più violenti ed estremisti. Si nutrono l’uno dell’altro: ogni volta che c’è un conflitto lo usano per legittimare le loro posizioni estremiste“.

    E alla domanda ‘Come crede che finirà questa crisi?’, lo scrittore israeliano risponde amaramente “Finirà per esaurimento, come sempre. Uno dei due lati a un certo punto non ce la farà più e inizierà una mediazione: bisognerà solo vedere quante persone moriranno nel frattempo. In una situazione che sarebbe potuto essere prevenuta”.

    La paura resta per David Grossman e la speranza sempre più debole: “Vedo il fragile equilibrio su cui si basa la società israeliana a rischio oggi: e so che se non riusciremo ad arrivare a uno Stato in cui le due comunità si sentiranno a casa, perfettamente uguali, e potranno contare sul fatto che le loro vite hanno lo stesso peso sulla bilancia, avremo perso tutti. Solo se la minoranza arabo- israeliana si sentirà protetta e la maggioranza di religione ebraica non minacciata, ci sarà la possibilità di creare qualcosa di valore e si ridurrà lo spazio per la violenza. Da entrambe le parti. È il mio sogno, la mia speranza, e oggi il mio timore maggiore è che si spezzi”, conclude lo scrittore israeliano.

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