Lo scienziato britannico David Goodall, all’età di 104 anni, ha deciso di porre fine alla sua vita in una clinica in Svizzera.
Goodall, nato a Londra, era un ecologista esperto in botanica e non era malato terminale.
Prima di scegliere di morire, aveva dichiarato che la sua decisione era dovuta al costante deterioramento della qualità della propria vita.
Poco prima di morire, ha detto di essere “felice di finire” la sua vita.
“La mia vita è stata piuttosto scarsa dall’anno scorso o giù di lì e sono molto felice di finirla”, ha detto, circondato da diversi membri della famiglia.
“Tutta la pubblicità che questo mio caso ha ricevuto può solo, penso, aiutare la causa dell’eutanasia per gli anziani, cosa che mi sta a cuore”.
Philip Nitschke, fondatore di Exit International, il gruppo che ha aiutato Goodall a morire, ha detto che lo scienziato è morto “pacificamente” alle 12.30, ora locale, presso la clinica Life Cycle di Basilea, dopo un’infusione di Nembutal, un barbiturico.
Goodall era visibilmente frustrato dalla lunga trafila di documenti burocratici che ha dovuto sottoscrivere.
Nitschke in merito ha rivelato “In effetti le sue ultime parole sono state ‘Qui si sta prendendo troppo tempo!'”.
Come ultimo pasto, a Goodall sono stati serviti i suoi piatti preferiti: “fish and chips” e cheesecake.
Dopo, nei suoi ultimi minuti di vita, ha ascoltato l’Inno alla gioia tratto dalla nona sinfonia di Beethoven.
Fino a poche settimane prima del suo viaggio in Svizzera, Goodall aveva vissuto da solo in un piccolo appartamento a Perth, nell’Australia occidentale.
Si era ritirato dal lavoro a tempo pieno nel 1979, continuando comunque a fare ricerche nel suo campo scientifico.
Negli ultimi anni, Goodall ha pubblicato una serie di libri, divisi in 30 volumi, denominata Ecosystems of the World ed è stato nominato membro dell’Ordine dell’Australia per i suoi meriti scientifici.
Goodall si era detto risentito per il fatto di dover lasciare l’Australia per porre fine alla sua vita.
La morte assistita nel paese dell’Oceania, infatti, è legale in un solo stato, ma per la sua ammissibilità è richiesto che la persona sia malata terminale.
In Svizzera, invece, il suicidio assistito è in vigore dal 1942.
Goodall è arrivato a Basilea il 7 maggio 2018 dopo aver visitato i parenti in Francia e ha trascorso la sua ultima giornata esplorando i giardini botanici dell’Università di Basilea in compagnia di tre dei suoi nipoti.
In una conferenza stampa tenuta il 9 maggio, ha dichiarato di essere sorpreso dall’interesse pubblico nei confronti del suo caso.
“Non voglio più continuare la vita”, ha detto.
“Uno vuole, alla mia età, ma anche meno, essere libero di scegliere di morire quando sente che è giunto il momento”.
Non ha voluto un funerale e ha chiesto che il suo corpo fosse donato alla medicina o che le sue ceneri fossero disperse.
Con il termine ‘suicidio assistito’ si intende qualsiasi atto volto ad aiutare una persona a uccidersi.
È una circostanza diversa dall’eutanasia, che è invece il procurare intenzionalmente, e nel suo interesse, la morte di un individuo la cui qualità della vita sia permanentemente compromessa da una malattia, menomazione o condizione psichica.
In Svizzera, il suicidio assistito è consentito solo se la persona che assiste agisce altruisticamente.
È l’unico paese con centri che offrono il suicidio assistito a cittadini stranieri.
Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo autorizzano l’eutanasia e il suicidio assistito.
Nei Paesi Bassi e in Belgio, l’eutanasia, in casi specifici, è disponibile anche per i minori.
Anche al Colombia consente l’eutanasia, mentre gli stati dell’Oregon, di Washington, del Vermont, del Montana, della California, del Colorado e delle Hawaii, negli Stati Uniti, consentono la morte assistita per i malati terminali.